Le «diverse interpretazioni» sul capitolo VIII di Amoris laetitia che si registrano nell’orbe cattolico «causano confusione» nella Chiesa e mi piacerebbe che «il Papa facesse chiarezza al riguardo, preferibilmente nella forma di qualche documento magisteriale».
E’ quanto ha affermato – in un’intervista concessa a Lorenzo Bertocchi sul numero di marzo del mensile “Il Timone” – il cardinale Willem Jacobus Eijk, 65 anni, medico e teologo esperto di bioetica, dal 2007 arcivescovo di Utrecht e fino al 2016 presidente della conferenza episcopale dei Paesi Bassi.
“La questione se si possa consentire ai cosiddetti divorziati risposati civilmente di ricevere l’assoluzione sacramentale e quindi l’Eucaristia sta spaccando la Chiesa”, risponde il cardinale. “Si incontra un dibattito, alle volte abbastanza veemente, a tutti i livelli, fra cardinali, vescovi, preti e laici. La fonte della confusione è l’esortazione post sinodale Amoris laetitia, scritta da papa Francesco in conclusione dei sinodi sulla famiglia del 2014 e 2015. Questa confusione concerne soprattutto il numero 305 dell’esortazione. Si osserva che alcune conferenze episcopali hanno introdotto delle regole pastorali che implicano che i divorziati risposati possano essere ammessi alla comunione con una serie di condizioni e dopo un periodo di discernimento pastorale da parte del sacerdote che li accompagna. Invece, altre conferenze episcopali escludono questo. Ma ciò che è vero in un posto A non può essere falso in un posto B. Queste interpretazioni differenti dell’esortazione, che riguardano delle questioni dottrinali, causano confusione fra i fedeli. Io sarei lieto perciò se il papa facesse chiarezza al riguardo, preferibilmente nella forma di qualche documento magisteriale. Io stesso, partecipando a entrambi i sinodi sulla famiglia, ho argomentato che non si può consentire ai divorziati risposati in rito civile di ricevere la comunione. L’ho fatto anche in un articolo su di un libro che conteneva interventi di undici cardinali, pubblicato nell’intervallo tra i due sinodi. Gesù stesso dice che il matrimonio è indissolubile. Nel Vangelo secondo Matteo (19,9; cfr. 5,32) sembra ammettere un’eccezione, cioè che si possa ripudiare la propria moglie “in caso di unione illegittima”. Tuttavia, il significato della parola greca, “porneia”, tradotta qui con “unione illegittima”, è incerto: significa molto probabilmente un’unione incestuosa a causa di un matrimonio entro gradi di parentela proibiti (cfr. Lev 18,6-18; cfr. Atti 15,18-28). L’argomento più profondo è che non si può consentire ai divorziati risposati di ricevere la comunione in base all’analogia fra il rapporto tra marito e moglie e quello tra Cristo e la Chiesa (Ef 5,23-32). Il rapporto fra Cristo e la Chiesa è un mutuo dono totale. La donazione totale di Cristo alla chiesa si realizza nella donazione della sua vita sulla croce. Questa donazione totale è resa presente nel sacramento dell’Eucaristia. Quindi chi partecipa all’Eucaristia deve essere pronto a un dono totale di se stesso, che fa parte della donazione totale della Chiesa a Cristo. Chi divorzia e si risposa in rito civile, mentre il primo matrimonio non è stato dichiarato nullo, viola il mutuo dono totale che questo primo matrimonio implica. Il secondo matrimonio in rito civile non è un matrimonio vero e proprio. Il violare il dono totale del primo matrimonio ancora da considerare come valido, e l’assenza della volontà di attenersi a questo dono totale, rende la persona coinvolta indegna di partecipare all’eucaristia, che rende presente la donazione totale di Cristo alla Chiesa. Questo non toglie, però, che i divorziati risposati possano partecipare alle celebrazioni liturgiche, anche quella Eucaristica, senza ricevere la comunione, e che i sacerdoti li accompagnino pastoralmente. Nel caso in cui i divorziati risposati civilmente non possono separarsi, ad esempio per le loro obbligazioni verso i figli di entrambi, possono essere ammessi alla comunione o al sacramento della penitenza, solo rispondendo alle condizioni menzionate nel numero 84 di Familaris consortio e nel numero 29 di Sacramentum caritatis. Una di queste condizioni è che essi devono impegnarsi a vivere come fratello e sorella, cioè smettere di avere rapporti sessuali”.