Padre Maurizio Chiodi, teologo morale recentemente nominato membro della Pontificia Accademia per la Vita, durante una conferenza pubblica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, ha detto, basandosi a suo dire sugli insegnamenti di Amoris Laetitia, che è lecito ricorrere a metodi contraccettivi responsabili artificiali. Quando “i metodi naturali sono impossibili o non realizzabili, è necessario trovare altre forme di responsabilità”, ha affermato padre Chiodi nella sua conferenza. In tali circostanze, ha detto, “un metodo artificiale per la regolazione delle nascite potrebbe essere riconosciuto come un atto di responsabilità che viene eseguito, non per rigettare radicalmente il dono di un bambino, ma perché in quelle situazioni la responsabilità chiama la coppia e famiglia ad altre forme di accoglienza e ospitalità”. I commenti del professore italiano arrivano quando la Chiesa celebra quest’anno il 50° anniversario dell’enciclica Humanae vitae di Papa Paolo VI, che ha riaffermato il divieto della Chiesa sulla contraccezione. Nella sua enciclica, Paolo VI definiva la contraccezione artificiale “intrinsecamente sbagliata”, approvava la pianificazione familiare naturale e confermava gli insegnamenti della Chiesa sull’amore coniugale e sulla paternità responsabile. Padre Chiodi ha osservato che Humanae Vitae è citata solo sei volte in Amoris Laetitia. Che presenta “una formulazione relativamente mite” dell’enciclica di Paolo VI, poiché “si astiene da una chiara e forte condanna delle diverse posizioni, sia sistematiche che normative”. Inoltre, Chiodi ha osservato che Amoris Laetitia non fa “riferimento esplicito” alla contraccezione come “intrinsecamente malvagia”. Padre Chiodi conclude dicendo che “se è vero che la responsabilità di generare ciò a cui mirano i naturali metodi, allora possiamo capire come, in situazioni in cui i metodi naturali siano impossibili o non fattibili, sia necessario trovare altre forme di responsabilità. Ci sono circostanze, intende Amoris Laetitia, capitolo 8, che proprio per motivi di responsabilità richiedono una contraccezione. In questi casi, un intervento tecnologico non nega la responsabilità della relazione generatrice. L’insistenza del Magistero della Chiesa sui metodi naturali non può essere interpretata, a mio parere, come una norma fine a se stessa, né come semplice rispetto delle leggi biologiche, perché la norma indica un’antropologia, per il bene della responsabilità matrimoniale”. E ha aggiunto: “La tecnologia [cioè il controllo artificiale delle nascite], in determinate circostanze, può rendere possibile proteggere la qualità responsabile dell’atto sessuale, anche nella decisione di non generare, per tutte le ragioni plausibili per evitare la concezione di un bambino. Mi sembra che la tecnologia non possa essere rifiutata a priori quando è in gioco la nascita di un bambino, perché la tecnologia è un modo di agire, e quindi richiede un discernimento sulla base di queste circostanze, quindi è irriducibile a un interpretazione standard materiale. Nelle circostanze summenzionate, quindi, un metodo artificiale per la regolazione della nascita potrebbe essere riconosciuto come un atto di responsabilità che viene eseguito, non per respingere radicalmente il dono di un bambino, ma perché in quelle situazioni la responsabilità chiama la coppia e la famiglia ad altre forme di accoglienza e ospitalità”.