di Mariella Lentini*
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Due sposi marchigiani si amano ed essendo benestanti hanno tutto per essere felici. Eppure manca loro qualcosa di prezioso: la gioia di un figlio. La coppia è religiosa e così, seppure anziana, con fede sincera comincia a pregare San Nicola di Bari, nella speranza di essere esaudita. Ebbene, nel 1245, a Sant’Angelo in Pontano (Macerata), alla coppia nasce un bel maschietto che viene chiamato Nicola, come gesto di ringraziamento. Il bambino è brillante negli studi e sente la vocazione alla vita religiosa. I genitori, contenti, lo fanno entrare in convento. Nicola viene ordinato sacerdote dell’Ordine di Sant’Agostino. Dopo aver predicato e aiutato i poveri viaggiando in vari luoghi delle Marche, si ferma a Tolentino, vicino a Macerata.
Nicola conduce una vita di rinunce: mangia solo verdura, indossa sempre lo stesso saio che rammenda a più non posso, prega anche otto ore di seguito. Dovrebbe essere stanco e triste per questo stile di vita così severo. Invece per tutti non ha che gioiosi sorrisi, parole buone, aiuto morale e materiale. Il monaco non si limita a donare il pane a chi non ha nulla da mangiare, dona tutto se stesso. Grazie a lui le coppie litigiose fanno pace, i bambini festosi lo seguono. Con la preghiera Nicola guarisce le malattie del cuore e del fisico. Egli sente cantare gli angioletti, ha visioni della Madonna e di Gesù.
Un giorno, mentre è a letto gravemente ammalato, gli appare la Madre Celeste col Bambino e gli dice che sarebbe guarito se avesse mangiato del pane donatogli in elemosina, ammollato nell’acqua. Il monaco mangia un pezzo di pane che gli regala una donna e guarisce. Da quel momento lui stesso dona il pane da lui benedetto agli ammalati che visita. Si narra di tanti suoi miracoli: con le sue preghiere fa sgorgare l’acqua e una donna cieca riacquista la vista. Nicola viene rimproverato dai superiori di regalare troppo pane ai mendicanti. Quando un giorno, all’uscita del convento, gli chiedono che cosa nascondesse, dalle maniche del saio invece del pane da regalare ai poveri affamati, escono profumati petali di rose. E a chi lo ringrazia umilmente risponde: «Non sono io, è il buon Dio, io non sono che un povero peccatore».
Muore a Tolentino nel 1305. Il suo corpo riposa in questa città, nella basilica a lui intitolata, meta di pellegrinaggio. Tanti i miracoli avvenuti dopo la sua morte: un incendio domato, una tempesta placata, una peste esaurita. È protettore dei bambini, delle difficoltà dell’infanzia e della maternità soprattutto in età avanzata.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”