di Mariella Lentini*
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Uno dei principi del “Giuramento di Ippocrate” (scritto dal medico greco Ippocrate nel 430 a.C.) prestato dai medici all’inizio della professione, sancisce la cura dei pazienti con lo stesso scrupolo, a prescindere da qualsiasi differenza di razza, religione, condizione sociale e ideologia politica.
Giuseppe Moscati, medico, ricercatore e docente universitario illustre, diventato santo senza aver mai indossato l’abito religioso, è andato oltre. Il suo esempio conferma che tutti possono diventare santi, o almeno, avvicinarsi alla santità. Nato a Benevento nel 1880, figlio di un magistrato, è settimo di nove fratelli. La famiglia Moscati, molto religiosa, insegna ai figli i valori cristiani. Giuseppe conclude brillantemente i suoi studi di medicina, con lode e diritto di pubblicazione, a Napoli.
Geniale nelle diagnosi e nelle cure, presta la professione presso l’Ospedale Riuniti degli Incurabili di Napoli. Vince, poi, un concorso arrivando primo, e ne diventa primario. Intanto all’università, i suoi allievi affollano l’aula per poter seguire le sue lezioni. La sua fama di ricercatore scientifico è internazionale. I pazienti arrivano da tutto il Mezzogiorno d’Italia per farsi curare da lui, anche per la profonda religiosità che il professore esprime in ogni suo gesto quotidiano.
Per il medico fede e scienza sono imprescindibili: ogni mattina va a Messa, è devoto della Madonna e di Santa Teresa di Gesù Bambino di Lisieux e, oltre al fisico, cerca di guarire le anime, pregando e parlando di speranza e di Provvidenza Divina. Moscati offre agli altri i doni che ha ricevuto da Dio: infatti non si fa pagare dai pazienti poveri e, anzi, regala loro denaro, medicine e cibo. Per risparmiare il professore mangia poco e si sposta a piedi, privandosi della carrozza e dell’automobile. Vende persino i quadri di famiglia pur di aiutare i tanti bisognosi che nella Napoli dei primi del Novecento vivono in miseria.
Giuseppe Moscati compie anche gesti eroici: durante l’eruzione del Vesuvio del 1906 mette in salvo i ricoverati dell’ospedale di Torre del Greco e di fronte a un’epidemia di colera cura i malati, sprezzante del pericolo di contagio. La morte lo coglie a soli quarantasei anni, all’improvviso, a Napoli, nel 1927. Tre i miracoli di guarigione accertati dopo la sua morte, grazie alle preghiere rivolte al “medico Santo di Napoli” o al “medico dei poveri” come fu definito.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”