di Mariella Lentini*
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Il suo motto è: «la via per andare su è quella di scendere in giù». Umile fraticello francescano, analfabeta, mai ordinato sacerdote, non può confessare, né predicare. Felice Rapagnano nasce nel 1540 nelle Marche, a Montegranaro (Fermo) in una povera famiglia di contadini. Mentre gli altri bambini vanno a scuola, lui porta al pascolo le pecore. Come San Francesco d’Assisi, Felice, educato dalla madre Teodora Giovannuzzi ad essere un buon cristiano, impara ad amare la natura. I suoi “libri” sono gli uccellini che cinguettano, il sole, la luna, i fiori, gli alberi, il vento. Quando muore il padre Girolamo, a quindici anni Felice è manovale assieme al fratello Silenzio che fa il muratore.
Nei pochi momenti liberi, il timido Felice si avvicina alla figlia del padrone per cui lavora, non perché sia interessato a lei, ma per farsi leggere ad alta voce i libri che la ragazzina possiede. Questi libri parlano di Gesù. Il ragazzo rimane talmente affascinato dalle parole che ascolta, da voler entrare in convento. Riesce a farsi accogliere dai Frati Minori Cappuccini di Tolentino (Macerata) e Jesi (Ancona). Felice cambia il suo nome e diventa Serafino. Rimane un semplice cappuccino laico perché non sa né leggere né scrivere. Indossati il tipico saio con il cappuccio, stretto in vita da una corda, e i sandali, lo trasferiscono da un convento all’altro a fare il cuoco, l’ortolano o il portinaio.
Fra’ Serafino ha tanta buona volontà, ma è impacciato e maldestro, così spesso viene rimproverato dai superiori e dai confratelli, e lui risponde sempre con dolcezza, umiltà e pazienza. Nel 1590 si stabilisce ad Ascoli Piceno dove lo mandano a chiedere le offerte per il convento e per i poveri. Serafino si rivela un uomo gradito a Dio. I suoi “libri” diventano il crocifisso e il Rosario che porta sempre con sé. Si fa amare da tutti, ricchi e poveri. Mangia e dorme pochissimo, regala tutto ai bisognosi, soprattutto gli ortaggi che coltiva con un’abbondanza di frutti stupefacente, fa visita ai malati e ai carcerati, fa diventare buoni i cattivi, porta pace nelle famiglie e, se in casa non vede un’immagine sacra, s’infervora. Compie tanti miracoli di guarigione come quelle volte in cui sana la spalla fratturata di suo fratello e guarisce la gamba di un cardinale.
Ascoli Piceno insorge contro la decisione di un suo ennesimo trasferimento, riuscendo a farlo rimanere in città. Serafino muore nel 1604 ad Ascoli Piceno dove è sepolto. Nel suo paese natale, a Montegranaro, sorge un santuario a lui dedicato.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”