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di Mariella Lentini*

Nel 1797, ad Annay-la-Cote (Borgogna, Francia), nasce Giovanni Bernardo Rousseau, figlio di un povero spaccapietre. Primo di quattro figli, viene battezzato di nascosto per le persecuzioni subite dal clero durante la Rivoluzione francese. I genitori, religiosi, insegnano al piccolo Giovanni la laboriosità e l’amore per il prossimo. Il fanciullo, a quattordici anni, va a fare il pastore per portare a casa qualche soldo. Giovanni è intelligente e, grazie a un sacerdote che gli impartisce il catechismo, impara a leggere e scrivere.

Giovanni è timido, eppure ha successo con gli altri bambini quando parla con loro di Gesù. Il ragazzino sogna di diventare sacerdote e insegnante per offrire ai poveri un’istruzione e far conoscere il messaggio del Vangelo, la Madonna che ci protegge, i santi che accorrono se li invochiamo. Giovanni realizza i suoi sogni. Con il nuovo nome di Fratel Scubilion (dal monaco San Scubilion), indossa il tipico abito talare nero con le facciole bianche dei “Lasalliani” della Congregazione Fratelli delle Scuole Cristiane (fondata nel 1683 da San Giovanni Battista de La Salle), e insegna a Poitiers e a Chinon.

A trentacinque anni, accetta con entusiasmo di partire per l’isola di Réunion (Oceano Indiano) dove trascorrerà tutto il resto della sua vita. Dopo un viaggio di quasi tre mesi, arriva nell’isola abitata da umili pescatori, miseri schiavi che lavorano nelle piantagioni di caffè e canna da zucchero, diseredati e analfabeti. Fratel Scubilion è infaticabile. Ovunque apre scuole per bambini e adulti. Intanto aiuta i bisognosi e assiste gli ammalati. Durante un’epidemia di colera non si risparmia, nonostante il rischio di contagio. Per gli schiavi neri organizza scuole di catechismo serali frequentate anche da trecento persone.

I padroni non ne sono contenti e spesso Giovanni Bernardo deve pregarli di permettere agli schiavi di assentarsi la sera. Giovanni sa di non essere molto colto, ma Dio gli dona la grazia di riuscire nel suo compito. Il sacerdote usa parole semplici, avvalendosi di filastrocche e canzoncine che bambini e adulti imparano a memoria. Gli schiavi le intonano a squarciagola durante il duro lavoro nei campi. Così essi imparano frasi che parlano di pace, fratellanza, speranza, solidarietà. Parole che scaldano il cuore e predispongono l’animo a vedere il futuro con fiducia. Nel 1867 Fratel Scubilion muore nella sua isola, a Sainte-Marie, ammirato e amato da tutti.

* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”

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