di Padre Giuseppe Agnello*
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Ci sono incontri e fatti della stòria che non solo sono importanti, ma hanno anche un significato simbòlico che súpera il tempo e le parole che possiamo usare noi per descríverli. Sono fatti índimenticàbili, perché pieni di significato. Sono eventi piú grandi di noi, che ci làsciano stupiti e cambiati. Pensate a una donna che scopre di èssere incita, dopo avér desiderato èssere madre: è il suo primo incontro con la vita e con un fíglio, dono di Dio, che ancora non conosce né può vedere, ma è un incontro che simbolèggia l’alta dignità che Dio ha dato alla donna, perché l’ha fatta diventare lo scrigno della vita nascente. Pensate alla prima volta in cui un papà, tutto impacciato e delicato, prende in bràccio il pròprio fíglio: è il suo primo incontro con la sua discendenza, ma a livello simbòlico ci dice anche che la paternità resterà sempre forte, sicura, e autorévole, se ogni padre guarderà ai figlî con questa tenerezza e attenzione. Non fàccio altri esempî di incontri “stòrici” in senso piú grande e non solo personale, ma vado súbito al Vangelo e alle létture di oggi che ci dícono simbolicamente tante cose útili per noi e significative per la stòria dell’umanità.
Il Fíglio di Dio entra nel mondo per liberarlo dal peccato; e ci entra attraverso Maria, da concepito nel suo grembo sempre verginale. Diceva infatti la seconda lettura, dove troviamo il Fíglio che parla con il Padre prima di entrare nel mondo: «Tu non hai voluto né sacrifício né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocàusti né sacrificî per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo…per fare, o Dio, la tua volontà”» (Eb 10, 5-7). Capiamo da queste parole quanto ci ama Dio Padre e perché il Fíglio ha nobilitato cosí tanto il corpo umano: sulla terra non c’è altro modo per fare la volontà di Dio che onorando il nostro corpo, amando la nostra ànima. È con l’ànima che si ama Dio, ma è con il corpo che si fa poi la sua volontà. Questo corpo Dio Padre lo ha preparato al Fíglio nel modo straordinàrio che conosciamo, attraverso il sí di Maria all’annúncio dell’àngelo, che ci è stato ricordato dalla preghiera di colletta: «Infondi nel nostro spírito la tua gràzia, o Padre: tu, che all’annúncio dell’àngelo ci hai rivelato l’incarnazione di Cristo tuo Fíglio, per la sua passione e la sua croce guídaci alla glòria della risurrezione». Anche noi siamo formati da Dio nel grembo delle nostre madri, ma il corpo che ci è dato in un grembo di carne, ha bisogno di rinàscere in un grembo di spírito: in seno alla Chiesa, nel lavacro del battésimo. E la Chiesa, in tutto questo, è come Maria nel brano evangèlico di oggi: è fanciulla sempre gióvane e tutta santa per i mèriti di Gesú, che porta costantemente in sé (la verità che annúncia la rende sempre bella e sempre al passo con i tempi); è madre del Fíglio di Dio, perché lo gènera in noi, costantemente, con la predicazione e i sacramenti; è premurosa verso l’umanità decadente e anziana a càusa dei peccati, e vuole portare a tutti la giòia del Salvatore, perché è lui la Pace stessa, che è nata a Betlemme e vuole nàscere sempre nei nostre vite. Diceva infatti di Gesú la profezia di san Michea, udita nella prima lettura: «Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!» (Mic 5, 3-4). Gesú è grande nella nostra vita, quando onoriamo il nostro corpo (che è tèmpio di Dio) e amiamo la nostra ànima (che aspira solo a Dio). Gesú è davvero la nostra pace e la pace del mondo, se facciamo abitare la volontà di Dio in noi, nei nostri pensieri, nelle nostre azioni. Maria santíssima ha fatto questo e santa Elisabetta se ne accorge, tant’è che le dice: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1, v.45).
Il loro incontro è stòrico e càrico di significati grandíssimi e da non dimenticare. Elisabetta è símbolo di Israele che attende il Messia, e dell’umanità che non può salvarsi da sola; Maria è la Chiesa che ha accolto il Messia e lo porta in pienezza a chiunque è disposto ad accòglierlo. Nei loro grembi c’è la vita nuova, sempre dono di Dio, ma come il píccolo Giovanni Battista può sussultare di giòia quando sente la voce di Maria, che è la Madre non solo di suo cugino, ma del suo e nostro Salvatore; cosí questo incontro stòrico e simbòlico dice a tutti i genitori, che non c’è dono piú grande per la giòia dei loro bambini, che farli incontrare ogni giorno con Gesú, educàndoli nella fede. Infine la sollecitúdine di Maria per la cugina che è al sesto mese di gravidanza, ci dice che chi ha Cristo in sé, ha anche il desidèrio di prèndersi cura degli altri, dei piú dèboli: bambini, anziani, pòveri, pèrsone sole o ammalate. E ritòrnano dunque con forza le parole di Gesú che entra nel mondo: «Un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocàusti né sacrificî per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo…per fare, o Dio, la tua volontà”». Questo nostro corpo battezzato, nell’acqua e nello Spírito Santo, fa la volontà di Dio, se fugge il peccato e fa il bene. Concludo con un suggerimento ai genitori per far créscere bene i loro figlî. Dopo il tempo della lettura delle fàvole, che pure hanno un grande valore nel produrre endorfine e potenziare il sistema immunitàrio e le capacità cognitive; dopo o accanto al tempo dei racconti fantàstici, che ci fanno vedere in fàccia i mostri senza averne paura, perché i buoni sono sempre assistiti da speciali aiuti per víncerli; parlate anche dei santi e della vita dei santi. In esse non c’è bisogno di fantasticare perché sono pieni di sorprese e di insegnamenti. Un tempo i nostri nonni le rendèvano interessanti con parentele e spiegazioni fantasiose. Pensate che si raccontava ai bambini della nostra diòcesi che la Madonna del Tíndari era la sorella di san Calògero eremita e di san benedetto il Moro, donde il suo èssere “nigra”.
I bambini sono spugne e hanno bisogno delle fiàbe, della fatasia, ma soprattutto di un accesso alla fede reale. Per questo serve la fede e la fantasia dei genitori; il Vangelo raccontato con amore e la vita dei santi come prova che «niente è impossíbile a Dio» e che si è beati nel crédere alla sua Parola. Parlate della Madonna ai vostri figlî e fàtegliela amare: sarà lei a dare loro la pace, la giòia e un futuro sicuro.
IV Doménica di Avvento, anno C, 22 Dicembre 2024. Mi 5,1-4; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45
*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana