di Mariella Lentini*
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Quale posto più tranquillo ci può essere se non il deserto d’Egitto? È questo il luogo scelto dai monaci eremiti del IV secolo, alla ricerca di solitudine. È dal frastuono della città e da un mondo in cui le tentazioni verso il peccato sono all’ordine del giorno che i due santi festeggiati oggi vogliono fuggire. Tanto teneri e giocosi come bambini pur essendo molto vecchi, quanto saggi e calmi da giovani come se fossero già anziani. I loro giorni sono scanditi dal lavoro manuale (coltivano la terra e intrecciano cestini), dallo studio delle Sacre Scritture e dalla preghiera.
Questo è l’atteggiamento dei “Padri del deserto”, come vengono denominati. Agatone nasce in Egitto nel IV secolo. Diventato monaco eremita, per lui importantissimi sono i dieci comandamenti dati da Dio a Mosè. E poi non serbare rancore contro nessuno e non andare a dormire senza aver fatto prima la pace, poiché un uomo collerico non è gradito al Signore. Umilissimo, si narra che, pur essendo a capo di un gruppo di monaci, apparecchiasse personalmente la tavola. «Con il lavoro – egli insegna – si provvede alla nostra salute e si fa guerra al demonio». Se viene lodato non si esalta, se viene maltrattato non si arrabbia. Un giorno incontra un lebbroso che gli chiede la carità. Agatone gli regala del denaro e gli offre aiuto, ma il lebbroso si rivela un angelo mandato dal Signore per mettere alla prova la virtù del monaco.
Ilarione nasce a Tabata (Palestina) intorno al 291. Studente ad Alessandria d’Egitto, un giorno si reca nel deserto a trovare un famoso eremita, Sant’Antonio abate. Da quel giorno Ilarione diventa cristiano, regala tutti i suoi beni ai poveri e si ritira nel deserto, in Palestina, cibandosi solo di erbe e fichi. Ilarione compie miracoli di guarigione e diventa famosissimo attirando altri monaci attorno a sé. Si stabilisce, poi, a Cipro dove muore a 80 anni, nel 372. Anche Agatone vive a lungo, nonostante le privazioni. Si narra che tra i due monaci un giorno nascesse l’intenzione di provare a litigare poiché non lo avevano mai fatto. Uno dice all’altro: «Come si fa a litigare?» – e l’altro risponde – «Io metto un oggetto per terra e dico che è mio, poi tu arrivi, lo vedi, lo desideri e dici che è tuo». Così fanno, ma quando il secondo monaco dice : «È mio» – l’altro non rivendica il possesso dell’oggetto e gli dice calmo e tranquillo – «Va bene, allora è tuo». E insieme, in pace e sereni, si incamminano nel deserto, rimanendo amici. Questa è la saggezza che insegnano i “Padri del deserto”.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”