La Fede Quotidiana ospita il breve commento del giovane teologo Matteo Orlando* alle liturgie (Liturgia delle Ore e Liturgia della Parola) di oggi.
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La Liturgia di oggi, 8 Marzo 2018, giovedì della III settimana di Quaresima, ci ricorda che il regno di Dio è tra noi e per crescere sempre più è necessario sconfiggere le forze del male. A noi battezzati, in questa lotta, è chiesto di schierarci senza ambiguità dalla parte di Nostro Signore Gesù Cristo. Dice il Divino Maestro nel Vangelo secondo san Luca di oggi (Lc 11,14-23): «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».
Questo invito del Signore a conservarsi puri dalle suggestioni del male e a combatterlo con coraggio e determinazione è rivolto a tutta la sua Chiesa di oggi. È necessario oggi unificare tutto ciò che il male ha diviso, in modo che l’umanità, come una grande famiglia, riconosca Dio come l’unico Padre. Per far questo è necessario scoprire la gioia e la forza di vivere cristiani e aiutare chi non ha la forza di liberarsi dal male e, sapendolo o meno, agisce contro Cristo.
La lotta che dobbiamo affrontare si pone su diversi piani. Dobbiamo lottare contro:
– noi stessi (contro il nostro io, il nostro orgoglio);
– il demonio e le tentazioni che fa nascere;
– ogni realtà che ci allontana da Gesù. Essere con Gesù deve essere la nostra prima ed unica preoccupazione. Solo così “raccoglieremo con lui” e non “disperderemo” con il demonio.
Il Cristo, luce del mondo, è venuto fra noi perché non camminiamo più nelle tenebre, ma abbiamo la luce della vita.
Oggi nella seconda lettura dell’Ufficio delle Letture Tertulliano, nei capitoli 28-29 del suo trattato «L’orazione», ci ricorda che «l’orazione è un sacrificio spirituale, che ha cancellato gli antichi sacrifici. […] Noi siamo i veri adoratori e i veri sacerdoti che, pregando in spirito, in spirito offriamo il sacrificio della preghiera, ostia a Dio appropriata e gradita, ostia che egli richiese e si provvide. Questa vittima, dedicata con tutto il cuore, nutrita dalla fede, custodita dalla verità, integra per innocenza, monda per castità, coronata dalla carità, dobbiamo accompagnare all’altare di Dio con il decoro delle opere buone tra salmi e inni, ed essa ci impetrerà tutto da Dio. Che cosa infatti negherà Dio alla preghiera che procede dallo spirito e dalla verità, egli che così l’ha voluta? Quante prove della sua efficacia leggiamo, sentiamo e crediamo! L’antica preghiera liberava dal fuoco, dalle fiere e dalla fame, eppure non aveva ricevuto la forma da Cristo. Quanto è più ampio il campo d’azione dell’orazione cristiana! La preghiera cristiana non chiamerà magari l’angelo della rugiada in mezzo al fuoco, non chiuderà le fauci ai leoni, non porterà il pranzo del contadino all’affamato, non darà il dono di immunizzarsi dal dolore, ma certo dà la virtù della sopportazione ferma e paziente a chi soffre, potenzia le capacità dell’anima con la fede nella ricompensa, mostra il valore grande del dolore accettato nel nome di Dio. Si sente raccontare che in antico la preghiera infliggeva colpi, sbaragliava eserciti nemici, impediva il beneficio della pioggia ai nemici. Ora invece si sa che la preghiera allontana ogni ira della giustizia divina, è sollecita dei nemici, supplica per i persecutori. Ha potuto strappare le acque al cielo, e impetrare anche il fuoco. Solo la preghiera vince Dio. Ma Cristo non volle che fosse causa di male e le conferì ogni potere di bene. Perciò il suo unico compito è richiamare le anime dei defunti dallo stesso cammino della morte, sostenere i deboli, curare i malati, liberare gli indemoniati, aprire le porte del carcere, sciogliere le catene degli innocenti. Essa lava i peccati, respinge le tentazioni, spegne le persecuzioni, conforta i pusillanimi, incoraggia i generosi, guida i pellegrini, calma le tempeste, arresta i malfattori, sostenta i poveri, ammorbidisce il cuore dei ricchi, rialza i caduti, sostiene i deboli, sorregge i forti. Pregano anche gli angeli, prega ogni creatura. Gli animali domestici e feroci pregano e piegano le ginocchia e, uscendo dalle stalle o dalle tane, guardano il cielo non a fauci chiuse, ma facendo vibrare l’aria di grida nel modo che a loro è proprio. Anche gli uccelli quando si destano, si levano verso il cielo, e al posto delle mani aprono le ali in forma di croce e cinguettano qualcosa che può sembrare una preghiera. Ma c’è un fatto che dimostra più di ogni altro il dovere dell’orazione. Ecco, questo: che il Signore stesso ha pregato».
Uomini di grande preghiera sono stati i beati (Bernardo Montagudo, Carlo Catalano, Vincenzo Kadlubek) e i santi (Giovanni di Dio, Liutfredo di Pavia, Duthac di Ross, Veremondo, Stefano d’Obazine, Probino di Como, Arnolfo di Saint-Père-En-Vallée, Felice di Dunwich, Manuel Míguez González, Ponzio di Cartagine, Apollonio e Filemone, Senano, Botmaele, Teofilatto di Nicomedia, Unfrido di Therouanne) che ricordiamo in questo 8 Marzo 2018.
*Matteo Orlando, laurea in Giurisprudenza e Licenza in Teologia Spirituale, è giornalista pubblicista e autore dei volumi Faithbook: La fede cattolica nel tempo dei conigli e Sotto attacco: La scure di revisionisti e censori sui beati e i santi.