di Mariella Lentini*
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Amico dei lupi e degli orsi, vive con loro per più di un anno, da solo, su un monte in Irpinia (Avellino). Guglielmo è un nobile nato a Vercelli (Piemonte) nel 1085. Rimasto orfano, all’età di quindici anni s’incammina scalzo in pellegrinaggio verso il Santuario di Santiago de Compostela (Spagna). Nel suo peregrinare alla ricerca di Dio, lo vediamo a Roma, quindi in Puglia perché la sua meta è la Terra Santa: Gerusalemme. L’incontro con Giovanni da Matera (futuro santo) che gli consiglia di non imbarcarsi e di fermarsi per evangelizzare il Sud d’Italia, ispira a Guglielmo altri progetti, anche se permane in lui l’intenzione di visitare i territori dove è vissuto Gesù.
Tuttavia, durante il tragitto, alcuni ladri, irritati dal fatto di non aver trovato nulla da rubare, lo aggrediscono brutalmente. Guglielmo capisce che la volontà di Dio è un’altra. Non abbandona più l’Italia e, desideroso di pregare in solitudine e di condurre vita eremitica, si rifugia nell’Irpinia, sul Montevergine, a 1500 metri di altitudine (Mercogliano, Avellino). Il nome deriva da una cappella dedicata alla Maria Vergine accanto alla quale Guglielmo trova dimora, assieme ai lupi e agli orsi che diventano suoi amici. Nel frattempo la fama di Guglielmo raggiunge le città.
Tutti parlano di questo monaco, che vive da solo sulla montagna, che parla ai lupi e agli orsi e che compie miracoli come la guarigione di un cieco. Così altri monaci raggiungono Guglielmo perché vogliono imitarlo e vivere come lui. Guglielmo, allora, costruisce una basilica in onore della Madonna e un convento dove trovano accoglienza i monaci, gli affamati e gli ammalati. La Regola seguita è quella benedettina, basata su una vita fatta di preghiera, digiuno e lavoro agricolo per procurare il cibo a se stessi e ai bisognosi. Si narra che un lupo abbia divorato il prezioso asino utilizzato per trasportare le pietre necessarie alla costruzione del santuario, e che Guglielmo lo abbia fatto lavorare al suo posto.
Da Montevergine il monaco si sposta a Goleto (Avellino) alla ricerca di solitudine. Qui vive per un anno dentro la cavità di un albero e, successivamente, fonda un altro monastero. Muore nel 1142 a Goleto, ma il suo corpo riposa a Montevergine, uno dei santuari più venerati dell’Italia meridionale, luogo che ha custodito gelosamente la Sacra Sindone di Torino, per difenderla dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”