Nei giorni scorsi la Fede Quotidiana ha riportato la notizia di Radio Vaticana Italia, dove don Donatello Palminteri, Cappellano Militare della Legione Carabinieri Lazio, ha testimoniato sulla fede di Mario Cerciello Rega, il Carabiniere barbaramente ucciso nella notte romana tra il 25 e il 26 luglio, da due turisti americani in cerca di cocaina.
Mario Cerciello Rega è stato descritto come “sempre a servizio e a disposizione della gente, una risorsa per i colleghi. Addirittura, qualcuno mi diceva dell’attenzione di Mario nei confronti della persona, anche dell’arrestato… si preoccupava di offrirgli la sigaretta, di offrirgli un panino, di procurargli la cena”, ha ricordato don Palminteri.
Mario Cerciello Rega amava la sua terra d’origine, la Campania, amava la sua sposa, amava l’Arma. Era volontario per la delegazione romana dell’Ordine di Malta: distribuiva i pasti ai senza fissa dimora e faceva il barelliere durante i pellegrinaggi ad Assisi, Loreto, Lourdes e Medjugorje. Una vita radicata “sulla roccia”, dice il Salmo, perchè questo era quanto gli avevano regalato la fede e le sue origini a cui, sempre, sapeva ritornare.
Diversi mezzi di comunicazione hanno parlato della fede cattolica di Mario Cerciello Rega vissuta fino al martirio. Per questo motivo un lettore de La Fede Quotidiana, Carmine Morra, chiede sia al Cappellano Don Donato che alle autorità ecclesiastiche competenti per materia, se ci sono “i presupposti per instaurare l’iter ecclesiastico per chiedere al Vaticano l’autorizzazione per far si che il Vice Brigadiere Mario Cerciello Rega possa diventare venerabile o servo di Dio”.
La Fede Quotidiana gira la domanda del lettore su Mario Cerciello Rega alle autorità competenti, sia all’Ordinariato Militare che alla Diocesi di Roma che alla diocesi di origine del militare, quella di Nola, competente per territorio su Somma Vesuviana.
Intanto pubblichiamo il testo integrale dell’omelia che monsignor Santo Marcianò, Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia, ha tenuto durante i funerali del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ucciso a Roma con undici coltellate.
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Carissimi,
oggi non avremmo voluto essere in questa Chiesa in cui alcuni di voi, poche settimane fa, sono stati riuniti da Mario e Rosa Maria per celebrare nella gioia il grande mistero dell’amore. Un mistero che ci parla ancora in modo commovente anche attraverso il Vangelo (Mt 5,13-16) che tu, Rosa Maria, hai voluto si rileggesse oggi, perché aveva toccato le corde del vostro cuore nel giorno del matrimonio. Era la festa di S. Antonio e Mario – sappiamo – aveva scelto quella data per sentire ancora più vicino suo padre Antonio dal Cielo. Oggi Mario ci chiama nuovamente, questa volta lui dal Cielo, e noi, che ancora facciamo fatica a crederci, siamo riuniti da un dolore improvviso, straziante, che sentiamo ingiusto.
Sì, cari amici, quanto è accaduto è ingiusto! E l’essere qui, professare la nostra fede in Cristo Risorto, non ci esime, anzi ci obbliga, alla denuncia di ciò che è ingiusto. Ci spinge, oggi, a levare un grido che si unisce alla tante e diverse voci che in questi giorni hanno formato un unico coro, testimoniando la straordinarietà dell’uomo e del carabiniere Mario, ma anche chiedendo che venga fatta giustizia e che eventi come questo non accadano più.
Basta! Basta piangere servitori dello Stato, giovani figli di una Nazione che sembra aver smarrito quei valori per i quali essi arrivano a immolare la vita! Valori che, dice Gesù, ci fanno essere «sale» della terra, sale che insaporisce, purifica, custodisce e ci fa «gustare la bontà del Signore» (Salmo 33[34]).
La morte di Mario risveglia in noi, in qualche modo, la nostalgia del sapore buono di valori come la legalità, la solidarietà, il coraggio, la pace…, troppo spesso sostituito dai sapori estremi del benessere, della violenza, delle dipendenze, che alterano il gusto della vita e non rendono capaci di custodirla.
Sì, davanti a questa morte ci rendiamo meglio conto di quanto valga la vita, ogni vita umana, e di come ogni popolo, religione, società, debba edificarsi sul comandamento che è a fondamento della giustizia e dell’umana convivenza: «Non uccidere»!
Mario ha creduto che non c’è giustizia senza rispetto della vita; ha saputo gustare la sua vita con pienezza e gioia, vivere e morire per custodire la vita altrui.
Lo ha fatto nel suo lavoro. Sconvolti, i suoi colleghi riferiscono di come incarnasse a perfezione la missione del carabiniere, con competenza e destrezza ma anche con una dedizione e una cura della persona superiori a ogni regolamento scritto; era capace – abbiamo sentito da tante testimonianze – di vegliare una notte intera in ospedale, accanto a una madre vedova e alla figlia, o di provvedere ai pasti e alla dignità dei criminali arrestati. Sì, ha servito persino la vita dei criminali, anche di colui che lo ha accoltellato e che, certamente, egli avrebbe voluto difendere dal dramma terribile della droga che disumanizza e rende vittime dei mercanti di morte, soprattutto i giovani. Voi giovani, invece, siete ricchi di tanti doni e potenzialità, come Mario, un giovane meraviglioso che ha scoperto il sapore dell’esistenza non nello “sballo” ma nel dono di sé: nel volontariato di barelliere all’Ordine di Malta, nell’essere uomo dei poveri e ultimi, dei senzatetto con i quali condivideva il suo tempo libero, i suoi averi, il suo sorriso.
E il suo sorriso ha occupato in questi giorni le prime pagine dei giornali, testimonianza di una non comune capacità di donare amore, amicizia, gioia. Era la sua vita, perciò ha potuto servire la vita fino alla fine, offrendo una lezione indimenticabile che lascia senza parole e ha fermato l’Italia, con una partecipazione di popolo poche volte registrata. Molti piangono un amico, un fratello: «Mancherà a tutti», ha detto in una delle interviste il suo comandante. E tu, cara Rosa Maria, senti di aver perso tutto, perché Mario era la tua vita, così come era la forza e il sostegno della vita della famiglia: di te, mamma Silvia, del fratello Paolo, dell’amata sorella Lucia, custodita ancor più teneramente da quando il padre era tornato in Cielo.
E il Cielo è il vero segreto di Mario, la straordinaria testimonianza di fede che lo ha reso «luce del mondo» e rimane in ricordi intensi e commoventi: la promessa di matrimonio nella Grotta a Lourdes, i pellegrinaggi a Lourdes, Loreto, Medjugorie…
«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?» (Gv 11, 25-26), dice Gesù a Marta, la Santa che ricordiamo oggi, distrutta dal dolore per la morte del fratello. Nel dolore, noi accogliamo questa domanda alla quale, anche in punto di morte, Mario ha risposto il «Sì» della fede. Così, ne siamo certi, egli è oggi nella luce della risurrezione ma egli è stato «luce del mondo», testimoniando in vita la Risurrezione di Cristo. Perché la risurrezione non è solo una dimensione futura ma si realizza nell’oggi, in un presente che fa del cristiano un uomo di speranza e non un rassegnato.
Sì, cari amici. Mario non era un rassegnato! Noi non siamo rassegnati e non ci rassegneremo! Perché, se «Dio è amore» (1Gv 4,8), credere alla risurrezione non è vivere nella rassegnazione ma lottare con amore per un mondo migliore; come hai fatto tu, Mario, e la tua morte, come la tua vita, è diventata punto di luce dal quale sembra alzarsi un grido: «Risorgi»!
«Risorgi»! È il grido che raggiunge la nostra Nazione, perché risorga il senso della giustizia, della legalità, del dovere e della fraternità, a partire dagli uomini delle Istituzioni, chiamati a riscoprire l’alto senso etico della propria responsabilità, rifuggendo politiche di interessi, conflitti e corruzione, e perseguendo le autentiche priorità del proprio impegno a servizio alla città dell’uomo. Non è nostro compito dire se servano leggi più rigide o soltanto leggi più giuste, ma una cosa osiamo chiedervela: «Metteteci il cuore! Fate anche voi della vita degli altri il senso della vostra vita, consapevoli che quanto operate o non operate è rivolto a uomini concreti: a cittadini e stranieri, a uomini e donne delle Forze Armate e Forze dell’Ordine, ai quali non possiamo non rinnovare il grazie e l’incoraggiamento della Chiesa e della gente! E se voi, responsabili della cosa pubblica, e tutti noi sapremo meglio imparare, da uomini come Mario, il senso dello Stato e del bene comune, l’Italia risorgerà.
«Risorgi»! Mario lo dice con dolcezza a te, sposa alla quale ha rivolto l’ultimo pensiero, e a voi tutti suoi cari, promettendovi un amore che non finisce. Lo ritroverete nei ricordi ma anche nelle tante persone che egli ha servito. Alcune sono radunate oggi attorno a voi, come gli amici che erano andati a consolare Marta e Maria per la morte di Lazzaro; e Mario vi lascia in eredità i suoi amici, i suoi poveri, soprattutto i colleghi dell’Arma, famiglia sempre unita e solidale.
«Risorgi»! Mario lo dice infine a tanti cuori di criminali, particolarmente a quei giovani tentati dalla violenza e dal guadagno facile, dalla cultura delle dipendenze e del rischio estremo. Risorgi, giovane, purifica e cambia la tua vita, renditi conto di cosa è la vita, di cosa la custodisce e le dona sapore e senso!
Carissimi fratelli e sorelle, caro Mario, quello che è successo è e rimane profondamente ingiusto, ma la tua morte rappresenta una testimonianza di amore e di fede più intensa di quanto si potesse immaginare quando le parole di Gesù risuonavano in questa Chiesa nel giorno del tuo matrimonio: «Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa»!
In vita, la tua luce era rimasta nascosta tra i familiari e gli amici, in questo paese natale, nel quartiere dove prestavi servizio a Roma; oggi, però, splende davanti agli uomini, diventando per la nostra Nazione, per il mondo, per la Chiesa tutta, faro che indica la strada, esempio che illumina, fonte di speranza che sostiene. Così, molti, vedendo le tue «opere buone», potranno «rendere gloria al Padre che è nei cieli».
Questo è il dono che ci lasci e, ne siamo certi, questo era il tuo desiderio. Grazie, Mario, prega perché sia anche il nostro e perché il tuo ricordo aiuti noi a diventare più «buoni», per dare sapore alla terra e speranza al mondo. Come il sale e la luce.
Grazie Mario Cerciello Rega! E così sia!
Monsignor Santo Marcianò
Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia
“L’ignoranza dei giornalisti regna sovrana!! Prima di scrivere, documentatevi bene a riguardo!!!”
Un commento che ho trovato su Facebook dove era postato l’articolo.
Per cui l’ho cercato e l’ho letto.
La questione è che non si chiede alla Santa Sede di proclamare Venerabile o Servo di Dio, semmai poi è in contrario, nel cammino verso la canonizzazione, ma la morte di un uomo non fa di lui un canonizzabile, semmai un esempio di vita cristiana matura e autentica. Se ci sono i presupposti, un fama di santità in vita, allora l’autorità competente, potrà chiedere il parere del Vescovo diocesano e successivamente della Santa Sede per aprire l’iter per la causa di Canonizzazione. Tutto inizia così… quindi Servo di Dio, poi Venerabile, successivamente se c’è un miracolo, Beato, e un secondo miracolo, Santo. Se no rimane un esempio, un testimone, e possiamo pensarlo tra coloro che festeggiamo il 1 novembre.