«Non posso ancora anticipare molto. Posso dire che si tratta della prima volta che papa Francesco parla dell’arte e del rapporto di questa con l’evangelizzazione. Il libro è nato dalla comune conoscenza con Alejandro Marmo, scultore argentino che il papa apprezza moltissimo e che utilizza per le sue opere materiali di scarto». Tiziana Lupi, in anteprima per la Fede Quotidiana, presenta così il suo nuovo libro che uscirà prossimamente per le edizioni Mondadori, che dovrebbe intitolarsi “La mia idea di arte – L’arte non deve scartare niente e nessuno. Come la misericordia”.
In un precedente libro, “Il nostro Papa”, lei ha raccontato Papa Francesco. Che idea si è fatta dell’uomo Bergoglio?
«Durante il lungo lavoro di documentazione ho “incontrato” un uomo molto intelligente e preparato, con una profonda conoscenza dell’animo umano e capace di grande generosità».
Lei ha incontrato personalmente il Santo Padre. Che emozioni ha provato?
«Non è facile descriverle. Anzi, ora che ci penso, è impossibile. Il nostro primo contatto è stato telefonico, lui mi ha chiamato per dirmi che il libro che avevo scritto su di lui lo aveva commosso. Quella telefonata, arrivata a bruciapelo, non la dimenticherò mai. Così come non dimenticherò mai la prima volta che gli ho stretto la mano e gli ho parlato: quella dolcezza nello sguardo mi accompagna ogni giorno della mia vita».
Lei collabora con diverse testate. Ci accorgiamo che molti giornalisti (non è il suo caso, naturalmente) riportano le parole del Papa a convenienza. Come potrebbe superarsi questo problema?
«Non credo esista una ricetta. Tutto è lasciato alla correttezza e alla sensibilità dei giornalisti. Che, ammetto, a volte sono un po’ carenti da questo punto di vista».
Nel corso della sua carriera ha curato documentari a carattere storico e religioso. Quali trasmissioni ricorda con piacere di aver realizzato e a quale tra di esse è particolarmente affezionata?
«Due, in particolare: “Vincenzo Tiberio, l’uomo che scoprì gli antibiotici”, dedicato ad un italiano eccellente, e “L’abbazia di Fossanova”, che ci ha permesso di raccontare una parte della storia di san Tommaso d’Aquino, che proprio lì è morto il 7 marzo 1274».
Lei ha scritto alcune puntate della serie tv ‘Don Matteo’. Perché piace così tanto questo “don” televisivo e Terence Hill che uomo è?
«“Don Matteo” piace perché è un personaggio rassicurante, sempre pronto ad aiutare e mai a condannare, ma con un forte senso della giustizia. È il parroco che tutti vorremmo. Terence Hill, che lo interpreta, è sicuramente uno dei grandi artefici del suo successo perché gli ha regalato un’umanità che va al di là delle sceneggiature».
Sul settimanale Il mio Papa ha curato vari articoli sulle vite dei santi. A quali di essi è particolarmente devota e perché?
«I miei genitori sono molto devoti a sant’Antonio di Padova e hanno trasmesso anche a me questa devozione. Col Santo, come lo chiamano semplicemente a Padova, ho un rapporto di confidenza, quasi di amicizia, se mi si passa il termine e, appena posso, vado a pregare davanti alla sua tomba. Quando prego, non dimentico mai di rivolgere un pensiero, una richiesta o un semplice “grazie” anche a san Francesco d’Assisi. Mio figlio si chiama Francesco proprio per lui. Da quando ho conosciuto papa Francesco, a volte mi capita anche di rivolgermi a santa Teresa di Gesù Bambino, cui lui è particolarmente devoto».
Matteo Orlando