Roberta Ruscica è una giornalista d’inchiesta e scrittrice cattolica. Ha realizzato diverse interviste esclusive a personaggi scomodi, tra cui molti pentiti di mafia, ed ha realizzato reportage sulle “stragi nere” e le “piste rosse”. Dopo avere lavorato per il Corriere della Sera, Sette, Io Donna, Elle e Oggi, da alcuni anni si dedica alla saggistica. Ha pubblicato Contro Satana. La mia lotta per vincere le potenze delle tenebre (intervista al celebre esorcista padre Matteo La Grua) e, recentemente, I boss di Stato. I protagonisti, gli intrecci e gli interessi dietro la trattativa Stato-mafia. Proprio su queste ultime opere abbiamo chiesto all’autrice alcune considerazioni.
Di cosa tratta il suo ultimo libro?
«I Boss di Stato, edito dalla Sperling & Kupfer, nasce dalla promessa che feci al giudice Paolo Borsellino il 19 luglio 1992. Quel caldo pomeriggio decisi che mi sarei occupata come giornalista della strage di via D’Amelio. Così fu perché oltre a seguire il processo, realizzai diverse interviste come quella al collaboratore Scarantino. I Boss di Stato racconta gli ultimi giorni del giudice Paolo Borsellino: come fu il suo Golgota. E cerca di capire perché Cosa Nostra decise in gran fretta di eliminare prima il giudice Giovanni Falcone e poi il procuratore Borsellino. Il libro è un viaggio nei meandri della mafia e in quelli del Palazzo romano, perché non è facile spiegare il legame che intercorre fra pezzi dello Stato e la Cupola. Il processo trattativa Stato-mafia cerca di fare proprio questo, capire se uomini dello Stato scesero a patti con i boss di Cosa Nostra, se realmente il capo della cupola, Bernardo Provenzano, poté disporre di un lasciapassare che gli permise di scorrazzare indisturbato nelle vie di Roma, e nel resto d Italia, dopo le stragi del 1992 e dopo l’arresto di Totò Riina. Questo perché, per niente e per nessuno, lo Stato può dialogare con i boss di Cosa Nostra. Il cuore del libro è l’intervista esclusiva del Procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato. Per la prima volta la dottoressa Principato rivela alcuni particolari inediti degli ultimi giorni vissuti accanto il giudice Borsellino, i loro viaggi in Germania per scoprire i mandanti ed esecutori dell’omicidio del giudice Rosario Livatino. I Boss di Stato è un viatico per i lettori che vogliono capire quello che realmente accadde, prima e dopo, le stragi del 1992 e del 1994, vogliono scandagliare quei segmenti di verità indicibili che restano ancora nascoste fra i tanti omissis. Come il grande mistero della scomparsa dell’agenda rossa del giudice Borsellino. Il suo ritrovamento potrebbe spiegare tanti dubbi che ancora attanagliano la mente dei giudici, degli investigatori. La trattativa stato-mafia è una cristalleria. Il piccolo spostamento può creare ancora oggi dei danni irreparabili. Per questo motivo è importante leggere un libro che dà molto fastidio ai boss di Stato…».
Secondo lei qual è stato l’impegno dei Papi e della Chiesa contro le mafie?
«È impossibile dimenticare le parole di Giovanni Paolo II, quando ad Agrigento gridò ai capi di Cosa Nostra che dovevano convertirsi perché sarebbe arrivato anche per loro il giorno del giudizio ed aggiunse anche che la mafia è il diavolo. Era passato poco tempo dai giorni delle stragi e dell’omicidio di padre Puglisi, oggi beato. Quel monito, così forte e così eclatante del Santo Padre, permise a molti preti antimafia di squarciare il muro dell’omertà. Purtroppo anche nella Chiesa, così come nello Stato, dopo il 2002 c’è stata una sorta di trattativa che ha permesso alla Mafia di riprendersi gli spazi che la legalità aveva occupato. Ho vissuto quegli anni in prima persona perché ero impegnata nella pubblicazione del libro Il Guado, una lunga intervista a padre Ennio Pintacuda. Per tale ragione posso affermare che il Paese ha perso una grande occasione: quella di prevaricare le forze nefaste della criminalità organizzata. Oggi sono pochi e soli i sacerdoti che nelle periferie e nei quartieri più deprecabili di Palermo o di Napoli combattono conto l’arroganza e la violenza dei picciotti di Cosa Nostra o della Camorra. Se lo Stato vacilla, anche la Chiesa potrà fare ben poco, potrà solamente donare altri martiri…».
In Contro Satana. La mia lotta per vincere le potenze delle tenebre, ha intervistato padre Matteo La Grua, celebre esorcista di Palermo, poco prima della sua morte. In questa sorta di testamento del grande frate, che profilo di uomo emerge?
«Padre Matteo La Grua ha lasciato un grande vuoto nei cuori dei suoi figli e nella Chiesa. Anche se è indubbio che la Sua presenza è tangibile ancora oggi, perché uomini di Dio non dimenticano mai chi li ha tanto amato. Per quanto mi riguarda sento che Lui è la mia guida spirituale e che si è preso cura di me anche per la redazione de I Boss di Stato, anche nei giorni più tetri. Padre La Grua era un frate santo e colto. Ha vissuto tutta la sua vita liberando gli uomini e le donne posseduti dai tanti mali dell’umanità, dalla cattiveria, dall’invidia, dall’accidia. Diceva che sono rari i veri casi di possessione demoniaca ma tanti i peccati commessi. Padre Matteo dovrebbe essere ricordato di più dalla Chiesa perché il suo insegnamento potrebbe aprire varchi inimmaginabili alla dottrina della Chiesa. Sono comunque certa che la sua missione sarà sempre un viatico per coloro che combattono le forze del male».
Cos’è la fede per Roberta Ruscica?
«La fede è la mia roccia. Fin da piccola ho seguito i movimenti cattolici, in modo particolare il gruppo scout che mi ha insegnato ad avere una spiritualità semplice… e costruttiva, fatta di piccoli gesti semplici. La preghiera ha accompagnato i giorni in cui scrivevo le pagine del libro I Boss di Stato. E devo ringraziare la preghiera di tanti amici e sacerdoti che si sono presi cura di me e del mio lavoro perché come mi disse un monsignore: “I Boss di Stato è un libro di liberazione o meglio avrà un compito: liberarci dal male…”. Anche io sono una peccatrice, ma non dimentico mai il bene degli altri. Così preferisco fare del male a me stessa piuttosto che al mio prossimo. Forse è proprio questo che mi dà la forza di combattere anche quando i marosi mi costringono a rinunciare o ad aspettare. Perché la speranza è la luce che porta alla verità».
La sua opinione sull’operato e sulla persona di Papa Francesco?
«Papa Francesco non è solo un Pontefice, è un padre. È un papà che ama i suoi figli anche quelli più indisciplinati. Sappiamo perfettamente che il Giubileo sarà un momento di grande preghiera e un’occasione che il popolo di Dio non può lasciarsi sfuggire. Papa Francesco è proprio il pastore che potrà condurre tante pecore smarrite all’ovile. Purtroppo ci sono molti cattolici integralisti che non permetteranno questa svolta epocale nella Chiesa. A questi uomini e donne vorrei dire: voi non potete fare nulla contro quello che stato deciso Lassù. Padre La Grua diceva: “I segni sono i segni”».
Palermo ha un nuovo Arcivescovo. Un monsignore che ha già dato prova del suo impegno per la legalità. Che ne pensa?
«Non appartengo alla diocesi di Palermo, ma mi sento di appartenere a questa realtà cattolica perché ho incontrato e intervistato tanti sacerdoti. Credo che monsignor Lorefice sia un segno bellissimo di Papa Francesco. Finalmente nelle strade e nei vicoli di Padre Pino Puglisi si potrà respirare aria di santità, ci vorrà molto tempo prima che il viatico di questo giovane vescovo possa penetrare nella mentalità e nella cultura ancora stantia di parrini (nel dialetto siciliano vuol dire “preti”, ndr.) che celano il potere mafioso e massonico nelle sacrestie. Però questa è la buona occasione che permetterà a tanti giovani sacerdoti di costruire le fondamenta di una chiesa aperta al dialogo e schierata insieme con i magistrati e i movimenti nella lotta alla Mafia».
Maria Rocca e Matteo Orlando