Papa Francesco ha concluso la prima udienza in presenza di fedeli, sei mesi dopo l’inizio della pandemia, con un lungo e accorato appello per il Libano. Il 4 settembre una Giornata di preghiera e digiuno per il Paese dei cedri. “Per uscire migliori da questa crisi, dobbiamo farlo insieme, tutti quanti, nella solidarietà”, il tema della catechesi svoltasi nel Cortile di San Damaso.
“Dopo tanti mesi riprendiamo i nostri incontri faccia a faccia, e non schermo a schermo. E questo è bello!”.
Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha aperto l’udienza generale di oggi, la prima in presenza di fedeli dopo sei mesi, a causa delle misure restrittive imposte dalla pandemia in atto, che “ha evidenziato la nostra interdipendenza: siamo tutti legati, gli uni agli altri, sia nel male che nel bene”, ha detto Francesco rivolgendosi ai fedeli radunati nel Cortile di San Damaso. Al termine dell’udienza – fuori programma – un lungo e accorato appello per il Libano e l’annuncio di una Giornata di preghiera e di digiuno universale, il 4 settembre, a favore del martoriato Paese, messo a dura prova dall’esplosione di un mese fa a Beirut: “Il Libano non può essere abbandonato alla sua solitudine”.
“Per uscire migliori da questa crisi, dobbiamo farlo insieme, tutti quanti, nella solidarietà” ha esordito il Papa: “Insieme, non da soli: o si fa insieme o non si fa. Dobbiamo farlo insieme tutti quanti nella solidarietà”, la proposta. “Come famiglia umana abbiamo l’origine comune in Dio”, ricorda Francesco: “abitiamo in una casa comune, il pianeta-giardino in cui Dio ci ha posto; e abbiamo una destinazione comune in Cristo. Ma quando dimentichiamo tutto questo, la nostra interdipendenza diventa dipendenza di alcuni da altri, perdiamo questa armonia della interdipendenza e della solidarietà e diventiamo dipendenti gli uni dagli altri, aumentando la disuguaglianza e l’emarginazione; si indebolisce il tessuto sociale e si deteriora l’ambiente”. Per questo “il principio di solidarietà è oggi più che mai necessario”, come ha insegnato San Giovanni Paolo II: “Il grande mondo non è altra cosa che un villaggio globale, perché tutto è interconnesso”. “Però non sempre trasformiamo questa interdipendenza in solidarietà, c’è un lungo cammino tra l’interdipendenza e la solidarietà”, il monito del Papa, secondo il quale “gli egoismi – individuali, nazionali e dei gruppi di potere – e le rigidità ideologiche alimentano al contrario strutture di peccato”. (SIR)