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Dopo Olanda, Belgio, Lussemburgo, Svizzera, Canada e Nuova Zelanda, la Spagna approva l’eutanasia, con una legge che ha ricevuto in Parlamento il consenso di 202 deputati; 141 i contrari, 2 le astensioni. L’interruzione volontaria della vita entrerà in vigore fra tre mesi e potrà essere richiesta da chi soffre di un’infermità grave e incurabile o una malattia grave, cronica e invalidante. La norma spagnola regola sia l’eutanasia sia il suicidio assistito e prevede un particolare iter prima del cosiddetto “disacco della spina”, al fine di accertare che sussista l’effettiva volontà del malato. Il richiedente dovrà presentare la relativa richiesta per due volte entro un periodo di 15 giorni. Il malato per iscritto dovrà dimostrare di conoscere la possibilità, in alternativa, di fare ricorso alle cure palliative. Successivamente, su istanza del medico curante, sarà una commissione, presente in ogni regione e formata da medici, giuristi e infermieri, ad occuparsi dell’autorizzazione definitiva da produrre entro 19 giorni. In ogni momento il paziente potrà interrompere la procedura.

Non è del tutto pacifica l’applicazione della legge sull’eutanasia in modo omogeneo su tutto il territorio spagnolo. Il provvedimento, voluto dal partito socialista al governo, ha visto l’opposizione del Partito Popolare e dell’estrema destra di Vox. E’ prevedibile che da parte dell’Ordine dei Medici vi sia la richiesta di permettere l’obiezione di coscienza del personale sanitario contrario all’interruzione prematura della vita.

Sulla legge spagnola che regola l’eutanasia sono intervenuti i vescovi attraverso il segretario generale della Conferenza episcopale del Paese iberico, monsignor Luis Argüello Garcia, vescovo ausiliare di Valladolid. “Una brutta notizia – ha subito commentato il presule –. E’ stata scelta la soluzione più semplice: per evitare la sofferenza si causa la morte di coloro che la subiscono, senza considerare che si può porre un valido rimedio ricorrendo alle cure palliative”. Bisogna invece “promuovere una cultura della vita e fare passi concreti – afferma Argüello – per consentire un testamento biologico che permetta ai cittadini spagnoli di esprimere in modo chiaro e determinato il loro desiderio di ricevere cure palliative”. La legge deve anche consentire, per il vescovo, la possibilità di esprimere la volontà chiara di non essere soggetti all’applicazione di questa legge sull’eutanasia e, da parte del personale medico, di dichiararsi obiettori di coscienza. Non bisogna mettere da parte la cultura della vita, ma, contro quella della morte, prendersi cura dei sofferenti, dei malati terminali con tenerezza, vicinanza, misericordia e incoraggiamento per tenere viva la speranza in quelle persone che sono nell’ultimo tratto della loro esistenza e che hanno bisogno di cure e conforto”.


Anche l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha commentato l’approvazione della legge sulla eutanasia in Spagna: “Alla diffusione di una vera e propria cultura eutanasica, in Europa e nel mondo, si deve rispondere con un approccio culturale diverso. La sofferenza e la disperazione dei malati – ha detto monsignor Paglia – non vanno ignorate. Ma la soluzione non è anticipare la fine della vita. La soluzione è prendersi cura della sofferenza fisica e psichica. La Pontificia Accademia per la Vita sostiene la necessità di diffondere le cure palliative, non l’anticamera dell’eutanasia, ma una vera cultura palliativa del farsi carico dell’intera persona, in un approccio olistico. Quando non si può più guarire, possiamo sempre curare le persone. Non dobbiamo anticipare il lavoro sporco della morte con l’eutanasia. Dobbiamo essere umani, – ha concluso – stare accanto a chi soffre, non lasciarlo nelle mani di una disumanizzazione della medicina o nelle mani dell’industria eutanasica”. (VATICANNEWS)

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