di Stefano Adrianopoli
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Uno dei cavalli di battaglia di chi critica Papa Francesco è l’episodio della Pachamama al tempo del Sinodo sull’Amazzonia. A mio avviso bisogna determinare se, nello spirito di fede degli indios, la Pachamama rappresenti un idolo o una figura religiosa, ovvero se il culto rivolto alla Pachamama dagli indios sia un culto idolatrico o un culto religioso.
Bisognerebbe anche capire quale sia lo spirito con cui il Papa e i membri del clero che lo accompagnavano partecipavano a tale cerimonia e che idea avessero sulla Pachamama e il relativo culto, ovvero se esso (torniamo al punto) sia vissuto come culto religioso o idolatrico.
Nel caso in cui gli indios lì presenti vivano il culto alla Pachamama come culto religioso, la partecipazione di Papa Francesco e dei membri del clero a quella cerimonia può benissimo inquadrarsi, secondo me, nel dialogo interreligioso, ove il rispetto è dovuto verso il sentimento religioso delle persone e, solo in funzione di questo sentimento, verso quella divinità. La stessa cosa sarebbe potuta avvenire con dei musulmani, degli ebrei o degli induisti. Come di fatto, in varie forme, è spesso avvenuto nella Chiesa postconciliare.
È chiaro che molto si gioca sulla differenza tra culto idolatrico e culto religioso. Il culto idolatrico è quello compiuto verso un ente finito, ancorché preternaturale (anche il satanismo è così, ed infatti il satanismo non è una religione). Il culto religioso ha a che fare, almeno nella coscienza del credente, con l’Oggetto Immenso. Il dialogo si ha solo col secondo, credo almeno.