Il Vangelo del giorno
Domenica 21 maggio 2023 – Ascensione del Signore
Matteo 28, 16-20
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
COMMENTO DI DON RUGGERO GORLETTI
La festa dell’Ascensione al Cielo di Gesù pone fine a quel periodo nel quale il Risorto si è mostrato vivo, in anima e corpo, ai suoi discepoli. Tutti e quattro gli Evangelisti, e anche San Paolo, ci mostrano la consapevolezza che il Risorto sia apparso per un tempo limitato.
L’Ascensione del Signore segna il compiersi della salvezza, iniziata con l’Incarnazione. Gesù Cristo dopo la sua resurrezione è rimasto sulla terra quaranta giorni, apparendo ai suoi discepoli, per dare loro la prova che Egli è vivo, in anima e corpo, e per permettere loro di testimoniare che Egli non è rimasto cadavere nel sepolcro, ma che ne è uscito vivo, e che quindi oggi è vivo, in anima e corpo. La loro testimonianza diventa la loro missione: annunciare al mondo che Gesù oggi è vivo, è Colui che da la vita, è la vita stessa, è Colui grazie al quale anche noi abbiamo la vita e l’avremo per sempre.
L’Ascensione pone fine a questo periodo: quaranta giorni dopo la Resurrezione, dopo avere istruito per l’ultima volta i suoi discepoli sulle verità della fede, Gesù cessa di essere fisicamente presente fra noi.
Il brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato ci dice che Gesù è salito al cielo ed è entrato in una nuvola. La nuvola ci riporta all’episodio del Battesimo di Gesù, e a quello successivo della Trasfigurazione, in cui si dice che da una nuvola si udiva la voce del Padre. La nuvola ci riporta all’Antico Testamento, a Mosè, che sul Sinai ricevette la legge mentre Dio conversava con lui nascosto da una nuvola. La nuvola ci fa capire che Gesù è tornato là da dove era partito, al trono della gloria di Dio, gloria alla quale, dopo l’Incarnazione del Figlio di Dio nella persona di Gesù Cristo, è indissolubilmente legata la nostra natura, la natura umana.
Gesù come Dio è tornato a casa sua, come uomo è stato innalzato alla destra del Padre, infatti con la sua obbedienza al Padre e con il sacrificio della croce Egli ha meritato come uomo di essere innalzato in una posizione di dominio e di superiorità sopra tutte le creature. Con il sacrificio della croce Egli ha pagato il debito del peccato, ha soddisfatto le esigenze della giustizia di Dio, ha aperto le porte degli inferi per premiare i giusti che attendevano la salvezza. Con la sua resurrezione si dimostra vincitore della morte.
Guardando da un altro punto di vista l’Ascensione però sembra tutto tranne che una festa: Gesù se ne è andato, il mondo non è cambiato, i discepoli sono investiti di un compito apparentemente irrealizzabile: annunciare il vangelo ad ogni creatura. Un compito davvero troppo grande per loro e per chiunque altro!
Potremmo pensare che i discepoli, ragionevolmente, potessero farsi prendere dalla tristezza, dallo scoramento. Abbiamo letto nei vangeli del tempo pasquale che i discepoli si erano mostrati increduli e pieni di paura quando il Risorto era apparso loro. Ora che Gesù se ne va potremmo pensare che siano tentati di abbandonare la missione, di ritornare alle attività precedenti all’incontro con Gesù, di lasciare perdere tutto.
Non è andata così: il vangelo di San Marco ci dice che i discepoli partirono e predicarono senza indugio. Il brano di Luca ci dice che, dopo l’Ascensione, i discepoli tornarono a Gerusalemme pieni di gioia. Perché questa gioia, visto che Gesù se ne è andato da un’altra parte?
Perché i discepoli hanno capito che salendo al Cielo Gesù non è andato a stabilirsi su qualche stella lontana, ma è entrato nella pienezza della comunione con il Dio vivente, e proprio per questo riesce ad esser ancora più vicino a noi di quando calcava la polvere di questa terra. È ancora più presente di prima, e se noi non riusciamo a farne un’esperienza sensibile è perché noi siamo limitati non perché Lui sia meno vivo di noi! Come recita il Prefazio di oggi Egli «non si è separato dalla nostra condizione»: la nostra natura umana oggi è là, accanto al Padre, in paradiso.
In altre parole salire al cielo non significa quindi andare a trovare posto in uno spazio lontano e inaccessibile. Dio vive fuori dallo spazio e dal tempo, li ha creati Lui. Sedere alla destra del Padre significa partecipare pienamente alla signoria di Dio sul mondo e sulla storia, cioè sulla vita di ciascuno di noi, Egli è vivo e può operare nella nostra vita in modo ancora più efficace di prima.
Questa certezza la dobbiamo avere sempre presente anche noi: Gesù è vivo, ci è vicino, e ci aspetta alla destra del Padre, ci è vicino nelle difficoltà e nei dolori di questa vita, anche quando non ce ne rendiamo conto, e ci aspetta per farci partecipi del suo regno di pace e di gioia.