Il Vangelo di Domenica 11 giugno 2023 – Corpus Domini
Dal vangelo secondo Giovanni 6,51-58
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
COMMENTO DI DON RUGGERO GORLETTI
La festa del Corpo e del Sangue del Signore ci aiuta a riflettere in modo particolare sull’Eucaristia.
Nell’Eucaristia, sappiamo, è presente Gesù. È presente con tutto se stesso, la Chiesa infatti insegna che nell’Eucaristia Gesù è presente in corpo, sangue, anima e divinità. Ed è presente non come un simbolo, ma realmente. In ogni ostia, in ogni frazione del pane, anche la più piccola, in ogni goccia di vino, è presente Gesù in corpo, sangue, anima e divinità, non fisicamente ma realmente, sostanzialmente. Non è solo un simbolo. Scusate se dico cose che per qualcuno posso sembrare scontate. Purtroppo oggi questi concetti, che fino a qualche tempo fa erano assolutamente chiari per i cristiani praticanti, oggi spesso non lo sono più, per cui è bene riprendere brevemente i concetti fondamentali.
Dunque l’Eucaristia non è un simbolo. Cosa significa simbolo? È qualcosa che ci fa pensare a qualcosa d’altro. Il Crocifisso è un simbolo di Gesù, perché ci fa pensare a Gesù, ma è e rimane un pezzo di legno, la statua della Vergine Maria ci fa pensare alla Madonna, ma non ne condivide in alcun modo la natura: è un’altra cosa. Il tricolore ci fa pensare all’Italia, ma non è l’Italia. L’Eucaristia invece non si limita a farci pensare a Gesù, ma è Gesù, anche se fisicamente rimane pane e vino. È un mistero, e come dicevamo in un’altra occasione, il mistero è una cosa che non va contro la ragione, ma va oltre la ragione: non si comprende del tutto, ma non è assurdo! Quello che va contro la ragione non è un mistero, è una sciocchezza, e non ci dobbiamo credere. L’Eucaristia però non va contro la ragione, ma va oltre la ragione, non riusciamo cioè a capirlo completamente, perché Dio è più grande della nostra intelligenza.
Dunque l’Eucaristia è veramente, sostanzialmente, il vero corpo e il vero sangue di Gesù, per questo le dedichiamo tante attenzioni e tanto rispetto: genuflessioni, luci, incenso, attenzione a non disperderne i frammenti: proprio perché Gesù è presente davvero, in ogni parte, anche la più piccola.
Il pane e il vino cambiano la loro sostanza, diventando corpo e sangue di Cristo nella celebrazione della Messa. Quello che fa cambiare la sostanza sono le parole pronunciate dal sacerdote al momento della consacrazione, che sono le stesse parole dette da Gesù nel cenacolo durante l’ultima cena. Non è una magia. Il sacerdote non ha superpoteri, non è un supereroe. È che il sacerdote agisce, quando celebra i Sacramenti e in particolare l’Eucaristia, nella persona di Cristo, come se fosse Cristo. E Cristo non è solo uomo, ma è veramente Dio, e la parola di Dio è diversa dalla nostra: la nostra parola, anche la più intelligente, la più profonda, non può cambiare le cose: può spiegare, fare capire, comandare qualcosa, suscitare sentimenti, ma non può modificare la realtà. La parola di Dio sì. La parola di Dio è efficace. Fa. Crea dal nulla.
Sant’Ambrogio, parlando delle parole della consacrazione eucaristica, parlava di sermo operatorius, parola che agisce. E agisce perché il sacerdote la pronuncia nella persona di Cristo, come se fosse Cristo. La sostanza del pane e del vino si trasformano perché è Cristo stesso a parlare, attraverso la bocca del sacerdote.
Gesù, nell’Eucaristia, ci da tutto se stesso. Ci da tutto se stesso per starci vicino, per aiutarci nel cammino della vita, che spesso è difficile e pericoloso. Lo fa perché tiene tantissimo a noi e alla nostra vita, tiene tanto a che noi non ci allontaniamo da Lui e perdiamo l’appuntamento più importante della nostra vita: quello della salvezza eterna.
La seconda lettura, la lettera di Paolo ai Corinzi, è il brano più antico che parla dell’Ultima Cena, dell’Istituzione dell’Eucaristia, e ci ammonisce: l’Eucaristia è un dono grandissimo, però, perché possa portare i frutti di bene nella nostra vita necessario che lo riceviamo bene. Anzitutto dobbiamo essere consapevoli di ciò che andiamo a ricevere: ogni volta che facciamo la comunione riceviamo il corpo, il sangue, l’anima e la divinità di Gesù Cristo. Dobbiamo essere consapevoli della bellezza, ma anche dell’importanza, della gravità di questo atto, e non farlo a cuor leggero. Anche se lo facciamo spesso, anche tutte le domeniche, anche tutti i giorni, non dobbiamo però permettere che diventi un fatto di abitudine, non lo dobbiamo banalizzare: dobbiamo sempre considerare l’importanza grandissima di ricevere in noi Dio. Ed inoltre dobbiamo avere la consapevolezza di avere peccati gravi sulla coscienza. Il brano della seconda lettura, quello di San Paolo che descrive l’ultima cena, prosegue dicendo proprio queste cose: chi avesse la Bibbia a casa lo legga per intero: è un brano davvero molto bello. Paolo ammonisce i Corinzi, dicendo che essi non si cibano degnamente del corpo del Signore, proprio perché lo fanno con superficialità, e ammonisce dicendo che chi si ciba indegnamente del Corpo e del Sangue di Cristo, cioè chi ha la consapevolezza di avere qualche peccato grave da confessare, oppure si avvicina all’Eucaristia senza essere consapevole di quello che fa, mangia e beve la propria condanna.
Non dimentichiamo queste parole. Non sono scritte per spaventarci, ma per far sì che il dono dell’Eucaristia possa portare frutti di bene nella nostra vita.
La festa di oggi ci aiuta a riscoprire il giusto rapporto con Gesù sacramentato, con l’Eucaristia. Se abbiamo la buona abitudine di riceverla spesso, e con le condizioni giuste, se riusciamo a fare qualche momento di adorazione, questa festa ci aiuta a consolidare questi buoni atteggiamenti, ci aiuta a non fare diventare tutto questo un’abitudine scontata. Se invece non la riceviamo mai, o la riceviamo molto raramente, oppure, peggio ancora, se la riceviamo senza avere le condizioni giuste, ci aiuta a cambiare questi nostri atteggiamenti sbagliati.
Chiediamo al Signore, che ci ha dato questo grande dono, di aiutarci a vivere bene il rapporto con l’Eucaristia, sia nella celebrazione della Messa, che quando andiamo a riceverla al momento della Comunione, che quando ci troviamo alla sua presenza, in una chiesa in cui l’Eucaristia è presente nel tabernacolo. Chiediamo al Signore di darci l’atteggiamento giusto perché questo grandissimo dono che il Signore ci ha fatto non resti qualcosa di sconosciuto, o qualcosa di scontato, ma possa portare frutti di bene nella nostra vita.