di Diego Torre
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La storia che racconto l’ho ascoltata con le mie orecchie dalla bocca di mons. Saverio Ferina (nella foto), penitenziere della arcidiocesi di Monreale, passato al Cielo 6 anni fa. Don Saverio visse santamente i suoi 92 anni in questa terra, ricoprendo incarichi di grande responsabilità nella chiesa monrealese e lasciando un vuoto difficile da riempire come ebbe a dire al funerale l’arcivescovo mons. Pennisi. Uomo di profonda cultura e spiritualità, dotato di doni mistici, egli fu il mio direttore spirituale per 40 anni.
Uno dei suoi primi incarichi fu nella Montelepre (Pa) dei primi anni 50 appena uscita dalle tensioni del banditismo legato a Salvatore Giuliano. Un uomo in lambretta precipitò in un burrone e perse la vita. Don Saverio venne chiamato per la benedizione della salma, ma giunto nella casa del defunto ricordò che costui aveva fatto i primi nove venerdì del mese, richiesti dal Sacro Cuore a S.Margherita Maria Alacoque e non poteva pertanto morire senza ricevere i sacramenti.
Scattò allora in lui la determinazione di impedire che le esequie avessero corso, con una forza che egli stesso trovava (così mi disse) inspiegabile. Potete immaginare la reazione della famiglia dominata dal dolore per l’improvvisa dipartita, combattuta dalla tenue speranza suscitata da quel giovane pretino e l’evidenza del “cadavere” immobile. La vicenda stava assumendo contorni sgradevoli, fra urla e minacce a don Saverio, reo di suscitare false speranze, finchè … il morto riprese vita. Egli visse ancora per lunghissimi anni , sia pure con la bocca leggermente deformata dalla necrosi incipiente. Fin qui il racconto del mio Padre spirituale, confermatomi da un (di allora) giovane parrocchiano.