Il Vangelo del giorno
Domenica 9 luglio 2023 – XIV Domenica per annum
Matteo 11,25-30.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
COMMENTO DON RUGGERO GORLETTI
Le parole del brano di Vangelo di oggi da una parte ci riempiono di consolazione: in effetti è naturale, per ciascuno di noi, identificarci con i piccoli, con quelli che, proprio grazie alla loro semplicità, capiscono bene le cose del Padre. Però, riflettendoci bene, questo Vangelo sembra dirci che meno ne sappiamo, delle cose di Dio, e meglio è. Qualcuno potrebbe intendere che Gesù dice: «restate ignoranti che capirete meglio!». È paradossale. Pensandoci bene il sistema di chi vuole dominare sugli altri è quello di lasciare ignorante il popolo. Santi e beati nella Chiesa ci hanno sempre detto il contrario: il beato Antonio Rosmini, un santo sacerdote vissuto nel 1800, elencava tra le cinque piaghe che sfiguravano il volto della Chiesa l’ignoranza dottrinale dei preti; san Pio X, papa che ha regnato nei primi decenni del secolo scorso, individuava tra le cause della debolezza spirituale dei cristiani l’ignoranza in materia religiosa, e promosse la redazione di un catechismo, riprendendo e rendendo più fruibile un catechismo voluto quattro secoli prima dal Concilio di Trento per gli stessi motivi: i padri conciliari prima e papa Pio X poi vedevano, giustamente, nell’ignoranza diffusa tra la gente in materia religiosa il terreno di coltura per il diffondersi dell’eresia protestante e del modernismo.
Come è dunque possibile pensare che il Signore Gesù ci chieda di rimanere ignoranti, in materia di fede? Il Signore non ci chiede di rimanere ignoranti, l’ignoranza è sempre un male. Ci chiede di essere piccoli, cioè di riconoscere in Qualcuno di più grande Colui che ci guida, che ci insegna la verità, che ci da una legge morale che ci serva a vivere bene con Dio, e vivendo bene con Dio viviamo bene con noi stessi, con gli altri e con il mondo. L’errore non è certo quello di impegnarci a cercare la verità nelle cose di Dio, l’errore è quello di voler fare a meno della rivelazione di Cristo, della sacra scrittura, del magistero autentico della Chiesa che lo interpreta e lo rende applicabile alle situazioni sempre nuove che la vita propone. L’errore è quello di voler fare a meno di Dio nella ricerca della verità, nel voler fare a meno di Dio nella propria vita. È il desiderio di autosufficienza da Dio, quel desiderio che ha portato Lucifero alla ribellione e i progenitori a dare ascolto al sibilo del serpente anziché alla voce di Dio. Il Signore le sue cose le rivela ai semplici, cioè a coloro che accettano di lasciarsi guidare da Dio attraverso la Chiesa, ma a quelli che si credono sapienti, che pensano di conoscere già tutto, le nasconde. Quando Dio nasconde la sua verità la vita diventa confusa, arida, priva di significato. Magari agli occhi del mondo è una vita di successo, ma a lungo andare lascia il cuore vuoto e un senso generale di insoddisfazione.
Studiare, conoscere le cose di Dio è necessario per poterle amare. Oggi la gente è generalmente più istruita rispetto alle generazioni passate, ma nelle cose di Dio purtroppo non è così. C’è un’ignoranza veramente spaventosa, in particolare tra le giovani generazioni, e posso dirlo con una certa cognizione di causa, avendo insegnato per diversi anni religione a molte classi delle scuole superiori. I ragazzi sanno veramente poco o niente delle cose di Dio. Mia nonna, classe 1916 che ha studiato fino alla quarta elementare, già molto anziana ricordava ancora le nozioni basilari del catechismo. Oggi non è più così, tra i ragazzi ma anche tra gli adulti.
Conoscere le cose di Dio non è qualcosa di irrilevante per la nostra vita, perché riguarda le domande più importanti della nostra vita: il senso della vita, la felicità, la vita eterna. E su queste cose si ascoltano e si fanno proprie le opinioni di gente o che non ne sa nulla, o che ne sa, ma a bella posta insegna la menzogna. Se un cronista sportivo non fosse capace di distinguere un calcio d’angolo da un calcio di rigore farebbe ben poca fortuna come giornalista. Invece giornalisti, opinionisti, sedicenti teologi che in materia religiosa le sparano altrettanto grosse vengono presi sul serio, proprio a causa dell’ignoranza diffusa.
Attenzione poi a un’altra cosa: perdere la fede in Dio non porta a non credere a nulla, porta a credere a tutto. Nella nostra epoca in cui la gente si allontana dalla Chiesa proliferano maghi, cartomanti, si diffondono sette quali quelle dei Testimoni di Geova, che possono avere successo nonostante le assurdità che propongono proprio perché i Cristiani, in materia religiosa, sono generalmente molto ignoranti.
Proprio per questo i timori di padre Rosmini, di papa Pio X, del Concilio di Trento, quelli cioè che l’ignoranza religiosa porta a perdere la fede, sono estremamente attuali nella nostra vita. Studiare le cose di Dio è necessario per poter mantenere la fede. La lettura del Catechismo, qualche paginetta nell’arco della settimana, è una lettura rigenerante, che non pesa e fa bene all’anima. Il Catechismo di San Pio X lo si trova in commercio, è un libretto molto piccolo, semplice ma profondo. Se qualcuno lo trovasse un po’ datato nel linguaggio può optare per il Catechismo promulgato venticinque anni fa da Giovanni Paolo II, o dal Compendio, più piccolo, un riassunto, pubblicato da Benedetto XVI. Sono libri che si trovano facilmente in commercio, costano poco, ma fanno molto bene alla nostra anima.
Chiediamo al Signore la grazia di conoscerlo per poterlo amare. L’impegno che ci chiede per conoscerlo non è gravoso: il suo peso è dolce, il suo carico è leggero.