Il Vangelo di Martedì 18 luglio 2023
Dal vangelo secondo Matteo 11,20-24
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite:
«Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te».
COMMENTO DI DON RUGGERO GORLETTI
La parola di Dio è per tutti, sempre. Ma ci sono alcuni passi della Bibbia che toccano alcune persone in modo particolare. Il brano di oggi sembra proprio riguardare chi è più vicino alla vita di fede, ai sacramenti, alle pratiche di pietà. Molto spesso noi, che giustamente pratichiamo e ci diciamo cristiani, pensiamo e viviamo come chi cristiano non è, come se la preghiera, la pratica cristiana, la lettura e la meditazione di testi religiosi non avessero alcuna influenza sulla nostra vita concreta, sul modo di gestire i nostri affetti, il nostro lavoro, i nostri affari, il modo in cui trascorriamo il tempo libero. Gesù ci ammonisce: nel giorno del giudizio saremo trattati peggio degli altri. La pratica cristiana è cosa buona, necessaria e doverosa, ma non deve essere un qualcosa di bello, che ci riempie il cuore in qualche momento, ma che rimane staccato dalle cose normali della vita. La fede, i sacramenti, la preghiera devono influire sul nostro normale modo di vivere e di pensare, aiutandoci a pensare e a vivere come piace a Dio. Altrimenti è cosa del tutto inutile.