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«Dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea arriva una grave ingerenza nei confronti degli Stati Membri, che saranno di fatto costretti a riconoscere i cambiamenti di genere o di nome sui documenti, a seguito di una transizione, se e quando ottenuti da una persona in un Paese diverso da quello di residenza. Gli Stati Membri hanno però legislazioni molto diverse. Pensiamo all’Italia dove il cambio anagrafico avviene solo dopo sentenza del Tribunale e a seguito dell’effettiva conclusione dell’intero percorso medico e chirurgico della transizione di genere. Cosa succederà quindi se una persona italiana ottiene il “cambio di sesso” in un Paese con maglie molto più larghe, dove magari basta “auto-percepirsi” in un corpo o nel genere diverso dal proprio? L’Italia verrebbe condannata perché rispetta la scienza e la biologia? Verrebbe costretta ad accettare quanto stabilito da un altro Paese? Questo avrebbe inoltre conseguenze devastanti se pensiamo che a cascata chi “cambia genere” potrebbe quindi entrare in posti di lavoro, concorsi, luoghi, bagni, spogliatoi, competizioni sportive riservati al sesso opposto. Auspichiamo che il Governo non si faccia intimidire da queste indebite ingerenze e ribadisca il rispetto della legge italiana»

Così Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia onlus

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