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di Padre Giuseppe Agnello*

Il brano del Vangelo di oggi, XXIX Doménica del T. O. anno B, che vede i santi Giàcomo e Giovanni chièdere a Gesú un sèggio di glòria o alla sua destra o alla sua sinistra di Vincitore del mondo e di Signore di tutti, è molto noto e anche molto spiegato come il Vangelo del servízio e degli ambiziosi richiamati al servízio. Oggi vorrei però che ne capíssimo il significato di partecipazione, riparazione e riscatto che coinvolge anche noi in quanto battezzati inseriti in Cristo e non solo salvati da Cristo. È un dono che Dio ci fa di collaborare con Lui e di èssere “salvatori” con Lui. Di lui e di noi, infatti, ¿che cosa diceva sant’ Isaia nella prima lettura?:
«Quando offrirà sé stesso in sacrifício di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore » (Is 53, v.10).
Guardate che in queste parole profètiche c’è tutto:
— La missione di Cristo: che può riparare alle offese fatte a Dio Padre (vero Dio e vero Uomo) «in sacrifício di riparazione».
— Poi ci siamo noi come credenti, nati pròprio da questo suo Sacrifício sulla Croce: «vedrà una discendenza». E la discendenza sono i battezzati che ha generato la Chiesa.
— Essa, dunque, non è un ente estràneo e separato da Lui, ma un tutt’ uno con Lui che lo fa vívere ancora dentro il tempo: «vivrà a lungo» diceva Isaia. Cioè: Cristo vivrà fino alla fine del mondo nelle sue membra, oltre che nei sette Sacramenti.
— Per quale motivo? Per farci suoi collaboratori di salvezza: «Si compirà per mezzo suo la volontà del Signore». E qual è la volontà del Signore? Salvare.
Per ciò, solo uniti a Gesú «Sommo sacerdote…che sa prèndere parte alle nostre debolezze» (Eb 4, 14-15) con un rifiuto totale del peccato, anche noi possiamo riparare, riscattare e salvare con l’ intenzione, coi sentimenti, con le virtú, con le azioni; ma senza sentirsi migliori degli altri (perché condividiamo la loro stessa umanità) e sapendo che solo il Sacrifício di Cristo ha un valore universale; il nostro, che si unisce al suo, è sempre minuto e particolare, e può assúmere la forza che viene da Gesú solo perché unito alla Persona e alla Volontà del Signore Gesú.
¿Che cos’ è infatti la riparazione per Gesú?
La riparazione è l’ atto con cui Gesú dà alla giustízia di Dio ciò che non può dare nessún altro Uomo, dopo avere offeso Dio e dopo avere peccato. L’ uomo può offèndere Dio, ma non può riparare a questa offesa se non si unisce al Fíglio di Dio.
C’è un bellíssimo libro di don Divo Barsotti che tutti i cristiani dovrèbbero lèggere: s’intítola “La mística della riparazione” e sintetizza con queste parole quello che le letture di oggi ci fanno capire: «Dio vuole da noi che compiamo quello che non potremmo mai fare senza di lui».
Questo santo sacerdote chiama questa missione cristiana «Dovere di supplenza», perché saranno sempre i pochi a salvare i molti. Per questo dice: «I molti si sàlvano per i pochi».
Il Vangelo di oggi è paradimmàtico di questo, perché Gesú ha davanti a sé solo i dódici Apòstoli, rappresentati dai due con cui parla: Giàcomo, il rappresentante di tutti coloro che sarèbbero morti màrtiri per il Vangelo;
e Giovanni, il rappresentante di tutti coloro che, piú amando, piú hanno sentito il martírio del cuore, il soffrire per amore, senza spargimento di sàngue. Gesú, dopo avér corretto la loro ambizione, dice infatti: «Il càlice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battésimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati». E poi anche agli altri dieci Apòstoli indignati insegna che il potere per il potere porta solo al domínio di cose e all’oppressione delle persone, mentre il servízio come lo concepisce Dio è un «dare la pròpria vita in riscatto per molti» (Mc 10 ,v.45) ” Molti”, per Dio ha il valore di ” tutti”; per noi suoi collaboratori e salvati divenuti píccoli “salvatori”, vuol dire tutti quelli che non immaginiamo di potér salvare.
Ora che abbiamo capito quello che Gesú si attende da noi e dai píccoli númeri dei suoi veramente suoi, facciamo un’applicazione alla stòria della Chiesa e a ciò che viviamo noi.
Nella storia della Chiesa, ¿chi piú di tutti ha collaborato con Dio e col Fíglio di Dio? Maria Santíssima e i santi. ¿Come hanno riparato alla supèrbia della vita e al disamore di tanti? Con l’umiltà e l’amore: umiltà verso gli uòmini e l’amore per Dio. ¿Come hanno hanno riparato il piacere ricercato piú del dovere? Con l’abnegazione e la penitenza ¿E come hanno riscattato le ànime di chi alla salvezza dell’ànima non ci aveva mai pensato fino in punto di morte? Con l’offerta di sé, delle pròprie súppliche púbbliche e della pròpria vita per quelle ànime. Santa Teresina diceva: «¡Che cos’è una píccola sofferenza sopportata con giòia, quando penso che per tutta l’eternità si potrà amare piú perfettamente il buon Dio! Inoltre, soffrendo si pòssono salvare le ànime». Questi fúrono i santi. E noi? Sappiamo riparare? Anche la nostra vita in Cristo può salvare la nostra famíglia, il nostro comune, la nostra nazione. Una madre che va a messa anche se dilúvia, sta riparando ai peccati dei figlî che non ci vanno nemmeno con il sole. Un gióvane che lotta per la pròpria purezza, fugge le occasioni di peccato e si confessa con frequenza, sta riparando alle offese di tanti gióvani che si abbandonano al vízio e non sanno né resístere né cercare Un bambino che prega tutti i giorni per un mondo migliore e per i bambini meno fortunati di lui, sta donando al mondo tanti cuori attenti a custodire ed educare bene i bambini. Un ammalato che soffre Senza accusare Dio, ma anzi sa gioire piú di uno che è in perfetta salute porta il bròncio, sta riparando ai peccati di tutti gli ingrati e impazienti che conosce e che ama.
Infine, ma l’elenco potrebbe continuare, uno studente che prima di méttersi a studiare dice la stessa preghiera di san Tommaso d’Aquino o qualcosa di símile, riparerà ai delirî dello stúdio che ha escluso Dio da ogni ricerca, e salverà la scienza del futuro dalla mancanza di umanità e di paletti morali. Insomma, impariamo a méttere questa intenzione di riparazione nelle nostre azioni, a non volér fuggire dal mondo e dalle sue misèrie, ma impariamo ad assúmerle su di noi, bruciarle nell’amore di Dio, per riscattare il nostro pezzetto di mondo.

*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

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