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di Padre Giuseppe Agnello

Il piú grande intervento di Dio nella stòria è il battésimo di sàngue che suo Fíglio Gesú ha accettato di vívere per noi e che ha desiderato con tutto sé stesso. Infatti piú volte lo ha detto agli Apòstoli: «C’è un battésimo che devo ricévere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!» (Lc 12, v.50): «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete» (Gv 4, v.32): «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a còmpiere la sua òpera» (Gv 4, v.34). L’òpera di Dio per eccellenza è la Pasqua di Nostro Signore, che ha ridato la vista ai ciechi, perché ha lavato con il Sàngue di Gesú i nostri peccati. Quest’òpera, piú di ogni altro evento della stòria della salvezza, ha mutato il lamento dei pòpoli in canto di festa, e le làcrime in giúbilo. L’Israele antico ha sperimentato questo, di ritorno dall’esílio; il Nuovo Israele, cioè la Chiesa Cattòlica, sperimenta questo ogni giorno, a patto che ogni battezzato àbbia la profonda consapevolezza di quel desidèrio di Dio che chiamiamo santità o salvezza. La fede fa miràcoli; la fede illúmina; la fede ci fa uscire dall’ignoranza e dall’errore: insomma, ci ridà la vista. Èssere salvi; vívere santamente e avere la vista, sono modi diversi per dire la stessa cosa: chi crede in Gesú e gli appartiene, smette di èssere accecato da cose fútili, meschine o terrene, e comíncia a seguirlo con occhî nuovi, e guardando il mondo da una prospettiva privilegiata, che è il punto di vista di Dio e non degli uòmini.
Ciò che Bartimeo òttiene gridando il suo bisogno di guarigione, anche noi lo possiamo ottenere desiderando ciò che desídera Dio: la nostra salvezza, la nostra santità, la nostra vigilanza, i nostri occhî aperti. Sí, per Dio è importante che abbiamo gli occhî aperti come i santi e non chiusi come i Budda e gli spiritualisti del nostro tempo. Bartimeo è un cieco che verrà guarito da Gesú, ma è anche l’esèmpio di un catecúmeno che si prepara a ricévere il Sacramento dell’Illuminazione, che è il Battésimo. Bartimeo è, in ogni tempo, colui che, incontrato personalmente Dio come suo Benefattore, non lo lascerà piú, non lo preferirà a nessún altro, e lo seguirà per sempre.
Vediamo passo passo il Vangelo che ci dice tutto questo.
Bartimeo «sedeva, lungo la strada [che conduce a Gerusalemme,] a mendicare» (Mc 10, v.46 c), dunque è interessato a ricévere o una monetina o un pezzo di pane. Ma poi, «sentendo che era Gesú Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Fíglio di Dàvide, Gesú, abbi pietà di me!”» (Mc 10, v.47). Questo cieco e mendicante, che ha sentito parlare di Gesú, ha capito una cosa essenziale e piú necessària dell’òbolo o del cibo che gli può procurare l’elemòsina di qualcuno: la misericòrdia di Dio vale piú delle misericòrdie degli uòmini; e chièdere aiuto a Gesú, vale piú che chièdere aiuto a qualcún altro. Per questo grida un títolo messiànico e lo chiama “Fíglio di Dàvide, abbi pietà”. La sua attenzione si sposta da ciò che può servirgli per un giorno, a ciò che può cambiargli la vita. Gesú può cambiargli la vita, e per questo non si fa intimidire o azzittire da nessuno, «ma… gridava ancora piú forte: “Fíglio di Dàvide, abbi pietà di me!”» (Mc 10, v.48b). La vera fede non si fa imbavagliare da nessuno, cari fratelli e sorelle, perché i desiderî dell’ànima sono insopprimíbili. La pància ha bisogno di un tozzo di pane; il mendicante ha bisogno della monetina per compràrselo; ma l’ànima ha bisogno della salvezza, della luce divina, dello sguardo dell’amore di Dio, della via sicura che conduce al Cielo. E questo bisogno è il bisogno di ogni ànima. Tutti siamo mendicanti di misericòrdia, di salvezza e di luce.
«Gesú si fermò e disse: “Chiamàtelo!”» (Mc 10, v.49). Il Signore sente il grido di un credente e gli dà la possibilità di non dovér piú gridare in mezzo alla folla. Lo fa chiamare, perché si avvicini a Lui. Una cosa è sentír dire che Gesú è buono, che guarisce e che líbera; una cosa piú grande è sentirsi chiamati per nome da Lui e potersi avvicinare a Lui come a un amico. “Chiamàtelo” è verbo che accòrcia la distanza: chi si sente chiamato dal desiderato salvatore, corre verso di Lui, accettando le mediazioni volute da Gesú. Gesú, infatti, lo fa chiamare dagli Apòstoli, che useranno le parole stesse che userebbe il Maestro per lo sventurato: «Chiamàrono il cieco, dicèndogli: “Coràggio! Àlzati, ti chiama!”» (Mc 10, v.49). Gesú incoràggia? E gli Apòstoli incoràggiano. ¿Gesú porta risurrezione da ogni prostrazione e morte interiore? Lo stesso fanno gli Apòstoli che dícono a Bartimeo “Àlzati!”. ¿Gesú conduce a una relazione con Lui? Anche gli Apòstoli lo fanno, dicèndogli “Ti chiama”. Vediamo in questo passo come la Chiesa geràrchica sia Gesú stesso che raggiunge i derelitti, li consola, li risolleva dalla pólvere e li inserisce in una vocazione alla santità. Tutto questo procura in Bartimeo la vòglia di cambiare e l’entusiasmo di avvicinarsi a Gesú:
«Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesú» (Mc 10, v.50). Il mantello gettato via è la vita passata, con tutte le sue abitúdini schiaccianti, che non permettèvano a Bartimeo nessún cambiamento della sua situazione. Gettato il mantello (cioè volendo cambiare vita e le vècchie abitúdini), può méttersi in piedi con uno scatto di speranza ravvivata; e può andare da Gesú, per confrontarsi con Lui: «Allora Gesú gli disse: “¿Che cosa vuoi che io fàccia per te?”. E il cieco gli rispose: “Rabbuní, che io veda di nuovo!”» (Mc 10, v.51).
Gesú si accerta che Bartimeo àbbia desiderî piú grandi del suo bisogno giornaliero, e la sua risposta è questa: “Rabbuní, che io veda di nuovo!”. Cioè: Maestro mio che io àbbia la vista che avevo, prima di diventare cieco.
Anche per noi c’è un prima e un dopo del battésimo ricevuto; c’è un prima e un dopo della cecità che ci ha colpiti. Prima del peccato Adamo ci vedeva bene, dopo del peccato ha perso di vista Dio, la salvezza che viene dal Signore e i doni soprannaturali che aveva avuto. Con Gesú Nuovo Adamo e il suo battésimo di sàngue sulla Croce, ritòrnano la vista, i doni e la visione di Dio, ma ci è chiesta una cosa importante per conservarli tutti: ci è chiesta la sequela di Cristo. Dobbiamo seguirlo ogni giorno. Il Vangelo di oggi si concludeva cosí: «E Gesú gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E súbito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada» (Mc 10, v.52).
E noi? Lo seguiamo dopo avér recuperato la vista? O andiamo dietro alle distrazioni di massa?: Il gioco, il potere, il sesso, il divertimento, il dolce far nulla, i soldi fàcili, la golosità? Tutto questo ci separa da Dio e distrugge ogni relazione sana. Chi cerca questo, smette di avere fede e perde la vista degli occhî, del cuore e dell’ànima, che sono tutte collegate. Chi cerca la volontà di Dio, invece, ha gli occhî penetranti sul mondo circostante e non si làscia ingannare da nessuna proposta alternativa a Cristo. Dice il Siràcide: «Un uomo sàggio è circospetto in ogni cosa; nei giorni del peccato si astiene dalla colpa» (Sir. 18, v.27).
Caríssimi fratelli, anche i tempi che viviamo sono i “giorni del peccato”, ma noi abbiamo questa saggezza che ci fa circospetti: ciò che non ci fa gettare via il mantello e balzare in piedi verso Cristo, non mèrita di far parte dei nostri interessi, perché ci vuole ciechi, non ci salva e si oppone direttamente alla santità.

XXX Doménica del T.O. anno B, 27 Ottobre 2024. Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52

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