di Padre Giuseppe Agnello
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La legge dell’amore, o il grande comandamento che è il princípio di ogni altro comandamento, è ciò che vale piú di ogni altra cosa pensata per vívere a lungo o per èssere felici. Non ci pensiamo né spesso né seriamente, ma in questo insegnamento di Dio per noi, che è il suo modo stesso di manifestarsi a noi, c’è tutto, perché l’amore è tutto. Una vita senza amore è come il giorno senza il sole, la notte senza la luna e le stelle, un forziere senza il tesoro dentro, un cammino senza la meta e un traguardo senza il prèmio. L’amore però di cui parliamo è una relazione tra persone che si richiàmano a vicenda e si dònano senza riserve e senza inganni. Cosí fa Dio verso di noi, infatti per cancellare i nostri peccati la léttera agli Ebrei oggi ci ricordava che Gesú «offrí Sé stesso» (Cfr Eb 7, v.27) e non qualcos’altro per amore a Dio Padre e per amore verso di noi. Cosí fanno i cristiani: prima àmano Dio e poi, da questo amore che dà vita, perdono, pace e fortezza, pòssono amare tutto il resto: la pròpria stòria, la pròpria vita, la pròpria famíglia, la pròpria pàtria e le nazioni straniere, il pròprio lavoro, i proprî amici e persino i proprî nemici. Capite allora perché poco fa ho detto che l’amore è tutto: senza l’amore come lo insegna Dio, ogni cosa perde la sua ànima, e ogni relazione diventa oppressione, inganno, o, nella migliore delle ipòtesi accordo commerciale. Dio non vuole che nell’àmbito dei rapporti personali e della costruzione del Regno di Dio ci síano accordi commerciali o diplomazie fasulle, perché, la carità non deve avere finzioni. Perché questo accada, la liturgia della Parola di questa Doménica ci presenta per tre volte un verbo molto importante; un imperativo indispensàbile e non rifiutàbile, se non a nostro danno: “Ascolta, o Israele, …Ascolta, o Israele (Dt 6, 3-4)…Ascolta, o Israele (Mc 12, v.29). Due volte lo dice Mosè al pòpolo che Dio gli ha affidato; una volta lo dice il Signore Gesú allo scriba che lo intèrroga su quale sia il primo di tutti i comandamenti. Questo è il richiamo che costantemente può mantenerci sulla retta via o che ci può ricondurre ad essa: l’ascolto di Dio, l’ascolto di chi ci ha fatti per amore e per amare. Senza questo ascolto, tutto diventa pesante e insopportàbile, perché appunto ci sottraiamo all’Amore con la A maiúscola, all’amore dell’único Dio nelle tre Persone divine e finiamo per amare le cose come si deve amare Dio e gli altri. C’è dunque chi adora la màcchina e la chiama per nome e se la lúcida ogni mattina e ogni sera; ma non èleva verso Dio una preghiera né al mattino né la sera. C’è chi ama il pròprio lavoro o il denaro che guadagna, essendo disposto ad ogni sacrifício di tempo e di energie, ma non ha tempo né energie per fare la volontà di Dio; c’è chi ama il càlcio o un altro diporto con quell’intensità e coinvolgimento che esige Dio, ma è totalmente indifferente verso una proposta di coinvolgimento affettivo per Gesú. Tutto questo perché non si ascolta piú, e non si ha vòglia di ascoltare, chi ci conosce da sempre e chi si presenta disarmato e senza inganno: «santo, innocente, senza màcchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli» (Eb 7, v.26). Il primo comandamento, caríssimi, non è «Ascolta, Pincopallino! Il Signore nostro Dio è una cosa,…una màcchina,…un lavoro,…il denaro…, il càlcio; amerai dunque questa cosa, il tuo lavoro, o i tuoi guadagni, o il càlcio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua ànima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza»; il primo di tutti i comandamenti è la relazione profonda, riconoscente, amorévole e totalizzante con colui che ci ha creati, ci salva e ci fa santi: « Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’único Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua ànima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» (Mc 12, 29-30), da cui dipende poi la generosità nell’amore al pròssimo, che rimane sempre e soltanto una conseguenza di questo primo e avvincente amore per Dio. Se, infatti, il primo comandamento è quello deviato sulle cose, la conseguenza non può che èssere: «E amerai te stesso come pròssimo di te stesso», che non è un gioco di parole, ma è l’inevitàbile perversione della natura stessa dell’amore. L’amore vero è apertura all’altro, mantenèndosi nella verità e gratuità, quindi líberi da ogni inganno. L’amore falso è chiusura in sé stessi e nei proprî meschini interessi.
Ragión per cui, ¿dove cercherò la lunga vita e la felicità? In cose costose, materiali, alla moda, come oggetti e mezzi di trasporto che non potrei perméttermi o che, se mi posso perméttere, sono divinizzati e coccolati; in cure che millàntano il segreto dell’eterna giovinezza; integratori che si sostituíscono ai cibi di stagione o in cibi biològici e sofisticati che si sostituíscono al mangiare ciò che ci è offerto con rendimento di gràzie. La felicità diventa una costruzione personale senza ascolto di Dio, senza fidúcia in Chi non inganna e non promette a vànvera. Ma nessuno può costruire la pròpria felicità o la pròpria lunga vita, escludendo Dio, rinnegando il vero amore, dalla pròpria vita. Stranamente l’uomo contemporàneo tratta Dio come una cosa trascuràbile e le sue leggi come una cosa insopportàbile, mentre tratta come persone divine le cose e accetta a suo danno le leggi del commèrcio di cose. Per questo motivo dice che Dio non esiste, perché avèndolo trasformato in una cosa non lo può riconòscere come vivente e amante. Per contro, accettando la règola commerciale, che non è il vero amore, sarà sempre insoddisfatto, sempre alla ricerca di nuovi accordi, sempre di passàggio da un amore a un altro. E cosí si spiègano i poliamori, i molti matrimonî di síngoli che colleziònano stòrie di amore e stòrie di altrettanti divorzî e separazioni; cosî si spiega il consumismo e anche le dipendenze da droghe, da internet, dal gioco, ecc. ecc.
Chi non ama Dio con tutto sé stesso (cuore, ànima, mente e forza), finirà per non amare veramente nessuno, se non sé stesso. Ma in sé stesso, senza Dio, troverà solo misèrie, limitatezza e inganno. Fissiamo nel cuore questa lezione di Gesú, perché Egli ci dimostrato con la vita quanto è bello amare Dio e il pròssimo in Dio.
XXXI Doménica del T.O. anno B,
3 Novembre 2024. Dt 6, 2-6; Sal 17 [18]; Eb 7, 23-28; Mc 12, 28b-34
*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana