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di Padre Giuseppe Agnello

Tutte le feste del Signore sono importanti, preziose, benéfiche per noi, ed ognuna di queste feste ci presenta un pezzetto di quella grande e armoniosa verità che si sintetizza nell’affermazione: «Dio è Amore». Le feste le possiamo suddivídere in divine, mariane e dei santi. Divine sono quelle che pàrlano direttamente di Dio, ce lo mòstrano in Sé stesso e all’òpera in una delle sue Persone. Pensate alle feste di Natale, Pasqua, Pentecoste; a quella del Sacro Cuore o della Santíssima Trinità: ci dícono chi è Dio; e come si è mosso Dio verso di noi, per misericòrdia e degnazione infinite. Le feste mariane ci dícono come Dio ha scelto la Donna che doveva collaborare alla nostra salvezza, rendèndola Madre di tutti i credenti, madre di tutti i viventi della gràzia di Dio. Le feste dei santi, invece, ci mòstrano con quanta fantasia e potenza Dio àbbia dato al mondo, e in ogni sècolo, uòmini e donne che hanno vissuto eroicamente e umilmente il Vangelo. Come vedete, in ogni festa, Dio è il protagonista, perché è la sua gràzia che òpera in tutti. Ogni festa, dunque, ci dice che Dio è Amore, agisce per amore, e santífica nell’amore. Dio vuole dare a tutti questo potere: quello di amare somigliando a Lui. Di questa verità il testimone fedele è soprattutto Gesú, come ci diceva il brano dell’Apocalisse: «Gesú Cristo è il testimone fedele, il primogènito dei morti e il sovrano dei re della terra.
A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sàngue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la glòria e la potenza nei sècoli dei sècoli» (Ap 1, 5-6). In queste parole è racchiuso il perché oggi lo festeggiamo come Re dell’Universo e il perché il suo regno «non è di questo mondo». In questo mondo i re non sono testimoni sempre fedeli della Verità; Egli invece è testimone fedele. In questo mondo si teme la morte e non c’è scienza umana che ci possa dire che cosa ci attende oltre la morte; Egli è il primogènito dei morti, perché ha condiviso con noi la morte, ma senza restarne vinto. Tutti gli altri re della terra, sono morti e sono ancora sepolti. Lui è risorto come primízia di tutti coloro che risorgeranno, e ci ha detto che cosa ci attende dopo la morte e oltre la morte.
In questo mondo chi è re ha come súdditi dei pòpoli di persone, diciamo cosí, “inferiori” ed è pari ad altri re che sono a capo di altri pòpoli e persone, sempre ritenute “inferiori” a lui; Egli è il sovrano dei re della terra, cioè: è Re, ma lo è anche di tutti i re della terra, non solo di persone che non sono nate in famíglie reali. Questo vuol dire che non è il re dei poveraccî, ma di tutti: principalmente di quelli che dovrèbbero dipèndere solo dall’autorità suprema che è Dio. Eppure, questo sovrano dei re della terra, non si sente superiore a nessuno, pur essendo superiore a tutti; e si è fatto nostro fratello e amico, pronto a morire per dei peccatori.
In questo mondo, chi è re manda i delinquenti in càrcere e poi si preòccupa di rieducarli, se ha buon cuore. Gesú invece si è preoccupato prima di portarci la salvezza, anche se non lo conoscevamo e non la vogliamo; prima ha voluto istruirci sulle verità che non pàssano e ci fanno santi; prima ci ha donato il Vangelo e ci ha usato pazienza; prima «ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sàngue», e solo poi ci làscia andare o nel càrcere temporàneo (che è per gli imperfetti nell’amore) o in quello eterno (che è per i privi di amore verso Dio e verso il pròssimo). Infine, in questo mondo i regni sono territorî e beni materiali a disposizione di Stati o di síngoli, mentre nel Regno di Dio siamo noi il regno. Diceva infatti l’Apocalisse: «ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre». I re di questo mondo lottano per pezzi di terra e si scànnano, anzi fanno scannare soldati e civili (Pensiamo a ciò che sta succedendo in Ucràina e a Gaza); Gesú Cristo si è fatto martoriare e uccídere in prima persona per conquistare noi, noi suo regno di sacerdoti. Ma lo stupore nostro non può finire qua! Chi mèdita la festa di Cristo Re, dovrà aggiúngere un altro tassello alla bellezza di questa festa: Gesú ci rifà re e ci dà i nostri veri diritti, distruggendo la supèrbia, con questo miràbile scàmbio: si prende la corona di spine per darci la corona di glòria. Lo dice Lui stesso alla serva di Dio Luisa Piccarreta: «Io devo rifare l’uomo in tutto. La colpa gli ha tolto la corona e lo ha coronato di obbrobrî e di confusione, sicché dinanzi alla mia Maestà non può comparire; la colpa lo ha disonorato, facèndogli pèrdere qualsíasi diritto agli onori e alla glòria. Perciò vòglio èssere coronato di spine per méttere sulla fronte dell’uomo la corona e restituirgli tutti i diritti a qualunque onore e glòria. Le mie spine saranno, innanzi al mio Padre, riparazioni e voci di discolpa per tanti peccati di pensiero, specialmente di supèrbia e, ad ogni mente creata saranno voci di luce e di súpplica perché non mi offèndano. Perciò tu unísciti a Me e prega e ripara con Me».
Queste parole ci spiègano molto bene la festa che oggi celebriamo. Cristo è Re; il suo Regno non è di questo mondo, ma deve instaurarsi in questo mondo, cioè in noi; la Verità da testimoniare non è un teorema, ma è l’amore di Dio; l’onnipotente e superbo Pilato è ricordato nella stòria solo gràzie a questo diàlogo con Gesú, dove ciò che ci resta di lui è il ritratto di un ottuso che non ha capito niente della vera regalità, e infatti gli dice il Signore: «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Noi pensiamo di èssere migliori di Pilato perché siamo cristiani? Se non abbiamo capito la lezione delle spine nel capo di Nostro Signore, non siamo diversi da Pilato se non nel nostro lavoro e stato di vita. Per il resto gli somigliamo perfettamente nel modo di pensare e di lavarci le mani, quando pensiamo che il regno sia una cosa.
Ascoltiamo la voce di Cristo! Ascoltiamo il Vangelo! E solo cosí saremo noi il suo regno: uòmini e donne di pace, che non àmano litigare, non pròvocano scompiglî, dubbî e confusione laddove si méttono, e ascòltano volentieri la verità, perché vògliono somigliare al Fíglio di Dio.

XXXIV Doménica del T.O. anno B,
24 Novembre 2024. Dn 7,13-14; Sal 92; Ap 1,5-8; Gv 18, 33-37.

*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

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