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di Padre Giuseppe Agnello

Natale di Nostro Signore Gesú Cristo, 25 Dicembre 2024

Cari fratelli e amici miei,
volevo scrívervi un messàggio sul telefonino, breve e intenso per non rubarvi tempo, benché non possa dirsi “ladro” chi vi ha dato tutto, né possa chiamarsi “furto” la restituzione riconoscente della mínima parte di quello che vi dono; ma ho optato per una léttera tradizionale, perché sono convinto che se vi dicessi in due parole che vi amo, mi mettereste un cuore palpitante ma virtuale, e non avrei raggiunto il vostro che mi sta piú a cuore. Tanti di voi hanno fatto scrívere letterine a Babbo Natale e qualcuna anche a me. Le ho ricevute tutte e ho notato che non chiedete grandi cose, o che chiedete male, o siete senza desiderî santi per voi, per i vostri cari, per la Chiesa e per il mondo intero. Vi svelo un segreto: sono molto generoso e non c’è Babbo Natale che possa compètere con me: sono l’Immenso che si è fatto Bambino; l’Eterno che santífica il tempo; il Santo che si offre alla Divina Giustízia; il Fratello maggiore che vi raccomanda al Padre; l’Amico fedele che non vi tradirà mai; il Salvatore che si umília per salvarvi; la Parola che vi può illuminare la vita. Tutto è stato fatto per mezzo mio e sapendo che io stesso sarò il fine e la meta di ogni cosa creata. Ciascuno di voi mi appartiene ed è in dèbito con me per il fatto stesso di esístere, pensare e amare; ma sono nato per isquarciare il búio dei sècoli e la notte del peccato, perché non volevo che voi esisteste per morire incompiuti o disperati; che voi pensaste male, sia di voi, sia di me e sia della mia misericòrdia; che voi amaste, ma dimenticàndovi di me sorgente dell’amore. Vengo nel mondo come luce vera che illúmina ogni uomo, ma non posso illuminare chi pensa di avere la luce sufficiente a tutto: sole, luna, stelle, lampioni e lampadine, lumi e luminàrie, candele e fari. ¿Siete mai rimasti senza nessún tipo di luce? Se è successo, ricorderete come vi sentivate: bloccati, insicuri, impauriti. Ebbene la mia nàscita vi assicura che dove ci sono io, c’è tutta la luce che vi serve, che vi salva, che vi rassicura. Un’esplosione di luce è stato il mio concepimento; un’esplosione di luce è stata la mia nàscita; e un’esplosione di luce diventa la vita di coloro che mi accòlgono. Il presèpio che voi illuminate con milleluci e la grotta che piú di ogni altro luogo riempite di luce, ¿non sono il segno di questa verità divina? Le città illuminate e le músiche tradizionali che tanto vi piàcciono, ¿non esprímono la festa della luce del mondo che è il vostro Signore Gesú? Dovrebbe èssere cosí, ma, nella prosperità e nel benèssere, la mente che in tempi di povertà si innalzava a Dio, si è innalzata fino allo spàzio e fino alle rotte degli aèrei internazionali, ma solo per viaggiare dove pare e piace a voi, non dove vorrei portarvi io. ¿A che serve però viaggiare e conóscere tutto il mondo, tutte le capitali, tutte le costellazioni, tante língue e discipline, ma non avere conosciuto Me, che sono l’Autore della vita, la Sapienza che non passerà mai di moda, e il Dio che non vi làscia soli? ¿A che serve fare tante cose e non fare la mia volontà? Ricordate che io, che sono il Fíglio di Dio, mi sono fatto uomo per fare coincídere la volontà dell’uomo con quella di Dio. Cioè: ho immerso nell’ocèano della Trinità la gòccia della vostra pòvera umanità, e cosí vi ho dato il potere di èssere figlî di Dio, cancellando col mio sàngue i vostri peccati. Non perseguitate né disprezzate la mia volontà, perché ciò che è mio è la vostra salvezza e purezza, ciò che è solo vostro è perso e contaminato.
Mi vedete avvolto in fasce in una mangiatóia, a Betlemme (casa del Pane), perché l’innocenza e la purezza, la tenerezza e la giòia, pàrtono e ripàrtono solo da Me e dalla semplicità che io vi insegno in questa mangiatóia. Ogni bimbo è il presente e il futuro del mondo, ma solo io, nel mondo, sono il presente che vi nutre e il futuro che vi attende. Ogni bimbo è innocente quanto a peccati proprî, e si fa mangiare quanto a bellezza e tenerezza che incàntano gli occhî; io però, che sono bellezza senza difetti e tenerezza senza squilibrî, mi fàccio realmente mangiare da voi nella santa comunione. Potreste mangiare cibi deliziosi, ma io resto quel Pane vivo disceso dal cielo che vi nutre di vita eterna. Finché non desidererete questo Pane, ogni altro cibo non vi sazierà e vi disgusterà. Ho sentito che avete inventato il panettone d’oro, per mangiare il prezioso metallo, nella pasta che lo compone, al mòdico prezzo di 300 èuro al chilo. Mi vergogno per chi lo ha inventato e per chi lo màngia: pensa di èssere grande vantàndosi di questo e postando un cosí grande peccato sui social. Ho citato il panettone, ma potrei fare molti altri esempî di vanità e vanaglòria. Io vi ho insegnato la piccolezza, la modèstia, l’umiltà, la sobrietà e la condivisione dei vostri beni, non il lusso e lo spreco, non la vanità e la supèrbia. Tutta la mia umiltà è in lotta con la supèrbia di Sàtana, del mondo e di chi presume di non avere bisogno di me. Io sono la Vita e vi insegno ad amare la vita come responsabilità e non come sfrenatezza di vizî. Sono Dio e sono Re, ma ho scelto una grotta per nàscere e una croce per morire; e da entrambe viene una grande luce che salva e che líbera. Chi di voi mi ha amato di piú, si è preoccupato del “freddo e del gelo” che ho dovuto sopportare appena nato, oppure del fetore di stalla che contrasta con tutti i profumi che voi sapete usare per la casa, per voi stessi e per gli ambienti. Ma non fúrono queste le cose che mi costàrono di piú! Il freddo e il gelo che mi stríngono il cuore sono l’indifferenza, la superficialità, e il disprezzo del mio amore. I fetori che mi nàuseano e mi tormèntano sono in realtà le vostre abitúdini peccaminose, le vostre bestèmmie e impudicízie, la corruzione dei costumi, la vita carnale e senza preghiera dei battezzati, l’uso velenoso della vostra língua e la vostra incapacità di perdonare le offese ricevute. Siete come quel personàggio del presepe che dorme sdraiato a terra, mentre tutti gli altri hanno capito le benedizioni che vi dono. Non è il símbolo di chi stanotte e a quest’ora dorme, ma domani verrà a messa: è il símbolo di tutti coloro che distratti e svogliati non si accòrgono della Luce del Mondo che è nata per loro, e preferíscono tapparsi le orécchie, voltarsi dall’altra parte se chiamati, oppure rispóndere con un sí svogliato e senza convinzione, a chi gli dice: Svéglia, o tu che dormi! Adesso devo salutarti e benedirti, dunque concludo.
La mia culla è il tuo cuore, e sono nato per te, per créscere in te. Non festeggiarmi solo oggi, per dimenticarmi domani: un bimbo in casa è la giòia della casa. La mia casa sei tu, ed io sono il tuo Dio, il tuo Salvatore, la tua giòia. Accòglimi e farò di te un capolavoro.

*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

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