“Sentiamo continuamente parlare di scandali finanziari e di appropriazioni indebite, ma raramente delle tante, piccole o grandi, ‘espropriazioni’ volontarie”. A farlo notare è padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, in un’intervista al Sir.
A proposito del tema della corruzione, di cui parla il Papa nel Messaggio per la Quaresima a proposito del denaro come “idolo tirannico”, Cantalamessa fa notare: “Negli anni ‘70 e ‘80, per spiegare, in Italia, gli improvvisi rovesciamenti politici, i giochi occulti di potere, il terrorismo e i misteri di ogni genere da cui era afflitta la convivenza civile, si andò affermando l’idea, quasi mitica, dell’esistenza di un ‘grande Vecchio’: un personaggio scaltrissimo e potente che da dietro le quinte avrebbe mosso le fila di tutto, per fini a lui solo noti.
Questo “grande Vecchio” esiste davvero, non è un mito; si chiama Denaro!”. “Come tutti gli idoli – spiega il predicatore della Casa Pontificia – il denaro è falso e bugiardo: promette la sicurezza e invece la toglie; promette libertà e invece la distrugge”. “Uomini collocati in posti di responsabilità che non sapevano più in quale banca o paradiso fiscale ammassare i proventi della loro corruzione si sono ritrovati sul banco degli imputati, o nella cella di una prigione”, denuncia Cantalamessa: “Per chi l’hanno fatto? Ne valeva la pena? Hanno fatto davvero il bene dei figli e della famiglia, o del partito, se è questo che cercavano? O non hanno piuttosto rovinato se stessi e gli altri? Il dio denaro si incarica di punire lui stesso i suoi adoratori”.
“Ci sono peccati che noi sacerdoti quasi mai ascoltiamo menzionati in confessionale e che invece sono diffusissimi nella vita e una vera piaga della società”, constata il domenicano: “quelli, appunto, che riguardano il modo di gestire o di procurarsi denaro”. (SIR)