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Un gruppo di  fedeli di Natuzza Evolo ha scritto al vescovo Luigi Renzo per chiedere di revocare i provvedimenti contro la Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime (Cimra). Ecco il testo integrale.

PARAVATI DI MILETO (Vibo Valentia) – Eccellenza, da due anni ci siamo imposti il silenzio anche di fronte a resoconti del tutto “soggettivi” che Lei ha ritenuto di diffondere a mezzo stampa circa il contenzioso maturato, nostro malgrado, tra la diocesi e la Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime (Cimra). Abbiamo sperato a lungo che anche questo silenzio potesse servire a farla riflettere sulle nostre ragioni, dettate sempre e unicamente, dalla fede genuina, dall’ossequio alla dottrina cattolica e dal più autentico rispetto verso il Suo ruolo.
Le nostre speranze, la nostra attesa, tuttavia, finora si sono rivelate vane.
Abbiamo subito fin qui, noi soci fondatori della Cimra una campagna stampa lesiva della verità, valore elevato e ineliminabile per ogni cattolico.
Le scriviamo questa lettera aperta, rappresentando il pensiero di tanti altri soci, incoraggiati dalle toccanti parole rivolte da Sua Santità Papa Francesco lo scorso 16 settembre ai 114 Vescovi nominati nell’ultimo anno, giunti in pellegrinaggio a Roma da ogni parte del mondo. Parole certamente entrate nel Suo cuore, come nel nostro.

Ogni Vescovo, ha detto il Pontefice, deve «vivere il proprio discernimento di Pastore come membro del Popolo di Dio, in una dinamica sempre ecclesiale, a servizio della koinonìa». Egli, infatti, «non è il “padre padrone” autosufficiente e nemmeno l’impaurito e isolato “pastore solitario”». E la sua «missione» non consiste nel «portare idee e progetti propri, né soluzioni astrattamente ideate da chi considera la Chiesa un orto di casa sua», bensì nell’offrire, «umilmente, senza protagonismi o narcisismi», la propria concreta testimonianza di «unione con Dio, servendo il Vangelo che va coltivato e aiutato a crescere in quella situazione specifica».

Papa Francesco ha raccomandato «una delicatezza speciale con la cultura e la religiosità del popolo»che «non sono qualcosa da tollerare, o meri strumenti da manovrare», tantomeno «una “cenerentola” da tenere sempre nascosta perché indegna di accedere al salotto nobile dei concetti e delle ragioni superiori della fede». Bisogna anzi averne cura e dialogare con esse, «perché, oltre a costituire il sostrato che custodisce l’autocomprensione della gente, sono un vero soggetto di evangelizzazione, dal quale il vostro discernimento non può prescindere».
Ebbene in nome di questo dialogo, La invitiamo ancora una volta a uno scambio positivo e sereno, La invitiamo a venire a confrontarsi con l’Assemblea dei soci fondatori, come già abbiamo fatto tante volte, invano, anche dopo che Lei si è dimesso dal consiglio di amministrazione della Fondazione. Nessuno di noi 116 soci, su 130 presenti, che abbiamo votato no alle modifiche statutarie da Lei pretese durante l’assemblea plenaria dello scorso 22 luglio, ha agito per «orgoglio o per puntiglio», come è stato scritto.

Se avessimo avuto una simile forma di orgoglio le modifiche da Lei imposte non sarebbero andate neppure alla votazione, poiché lo statuto vigente prevede che unicamente un terzo dei soci fondatori o del consiglio d’amministrazione possano presentare modifiche statutarie e invece noi, nonostante Lei ci abbia addirittura accusato di “posizioni ereticali”, per profondo e intimo rispetto alla Sua autorità vescovile abbiamo più volte preso in esame quanto Lei sollecitava e quanto sta continuando a imporre, senza dare alcun peso alle nostre argomentazioni; alle argomentazioni di persone che per oltre un ventennio hanno portato a termine il disegno su Paravati affidato dalla Madonna a Natuzza Evolo e con la piena approvazione delle autorità ecclesiastiche. Elemento quest’ultimo indicato nel “motu proprio” di papa Francesco, peraltro varato dal Pontefice nel 2016, ossia un anno dopo da quando Lei cominciò per iscritto a premere incessantemente per le modifiche statutarie, quale criterio che legittima la facoltà di credere a delle apparizioni mariane anche prima che sia stata emessa una pronuncia ufficiale sul fenomeno dalla Chiesa, mentre Lei di questo “motu proprio” ne fa il fondamento normativo dei cambiamenti statutari che pretende.

Quando parliamo del sostegno e dell’approvazione delle autorità ecclesiastiche non ci riferiamo soltanto al Suo compianto e venerato predecessore, monsignor Domenico Tarciso Cortese, che prima del decreto con cui riconobbe la nostra Fondazione nel 1999, volle sottoscrivere lo statuto medesimo che Lei ora vuole cambiare, a segno di Sua adesione intima e convinta. Ci riferiamo anche ai tanti Cardinali (come le Loro Eminenze Edmuns Casimir Szoka, Javier Lozano Barragànche, Ignace Moussa Daoud e José Saraiva Martins) che venuti al complesso della Villa della Gioia, ancora vivente Natuzza, hanno apprezzato l’impegno che abbiamo profuso; ci riferiamo a tutta la Santa Sede: il 13 maggio 1998 San Giovanni Paolo II ricevette Natuzza e i 3 mila aderenti ai Cenacoli presentatigli dal vescovo Cortese in piazza San Pietro e volle benedire la prima pietra dell’erigenda chiesa dedicata al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, quella chiesa ultimata da tempo che Lei, ha ribadito più volte, non intende consacrare fin quando non approveremo le modifiche da Lei pretese.
Papa Benedetto XVI, l’8 novembre 2009, mandò la benedizione apostolica al primo raduno dei Cenacoli dopo la morte di mamma Natuzza, con un telegramma dell’allora segretario di Stato, cardinale Bertone, da Lei stesso riportato nel Suo libro sulla mistica (Il mio incontro con Natuzza, Editrice Vaticana, 2014, pag. 36).

Ci sarebbe stata questa manifesta benevolenza della Chiesa e delle Autorità ecclesiastiche, consolidatasi sempre più negli anni, se, come Lei va sostenendo, Eccellenza, si fossero notate irregolarità dottrinali nello Statuto della nostra Fondazione o, ancora peggio, atteggiamenti di insubordinazione e di refrattarietà all’obbedienza verso il vescovo della diocesi competente? Nessun ecclesiastico, neanche Lei prima del 2016, ha mai eccepito nulla del genere.
Anzi Lei stesso, Eccellenza, proprio nel volume su Natuzza, pubblicato appena tre anni fa, adopera parole di convinto elogio per la Fondazione e per il suo operato, nonché per i Cenacoli dei quali, di recente, in modo senz’altro poco coerente, ha lamentato pubblicamente la mancanza di una “guida”, secondo le regole ecclesiastiche, ignorando il legame ombelicale che esiste tra i Cenacoli e la Fondazione, tra la Fondazione e Natuzza. Scriveva infatti nel 2014: «Il fenomeno Natuzza…si intensifica sempre di più: ne sono prova i Cenacoli di Preghiera richiesti dalla Madonna a Natuzza e che si stanno diffondendo, fortunatamente, dovunque nel mondo. Mi pare questo un segno concreto di come l’eredità lasciata da Natuzza proviene da Dio e non da calcoli umani. A noi saperli cogliere e coltivare» (pag.21 del suo libro). Ed ancora: «Come ricordavo, stanno per trascorrere cinque anni dalla morte. In questo tempo molte cose sono successe, altre succederanno. Sta andando avanti la costruzione della chiesa richiesta dalla Madonna stessa a Natuzza, i Cenacoli prolificano, la Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime si sta muovendo egregiamente pur con sacrificio» (pag. 22).

Lei stesso quindi ha ribadito più volte che sia i Cenacoli sia la chiesa furono chiesti dalla Madonna a Natuzza, eppure, Eccellenza, improvvisamente, nell’ultimo biennio, ha cominciato a sostenere che non bisognava più parlare di apparizioni della Madonna a Natuzza, ma di “sogni” della mistica e che l’espressione “messaggera della Madonna” nello Statuto dovesse essere sostituita con “ispiratrice della Fondazione”, nonostante siano negli atti della Fondazione, consultabili da tutti, le trascrizioni dei messaggi celesti ricevuti al riguardo dalla mistica e trascritti sotto sua dettatura dalla figlia Annamaria Nicolace nel 1995.

Sempre nel Suo libro su Natuzza, Lei, Eccellenza, citando la sua Omelia all’Assemblea dei Cenacoli dell’11 novembre 2012 (chiamando “Assemblea dei Cenacoli” o “Raduno Nazionale dei Cenacoli”, i due appuntamenti di maggio e di novembre, che in realtà richiamano due eventi storici, il primo la nascita e la costituzione della nostra Fondazione, e il secondo l’arrivo a Paravati dell’Effige del Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, scolpita dall’artista Konrad Moroder secondo le descrizioni di Natuzza), sostiene: «Vediamo per esempio le meraviglie della carità che ci stanno intorno in questa Villa della Gioia, frutto della fede di Natuzza e della grande generosità vostra!» ( pag. 77).

Non ravvisava dunque nulla di pericoloso, contro la dottrina né qualcuno fra noi “in rivolta” contro l’autorità vescovile, ma lodava il nostro operato, eppure nella conferenza stampa dello scorso agosto, ha dipinto noi soci fondatori come eretici e indisciplinati. E dire che, appena tre anni fa, indicava nel suo libro proprio noi della Fondazione come l’unico soggetto di cui fidarsi nelle iniziative legate alla figura e alla memoria di Natuzza: «Vi chiedo molta prudenza nell’aderire a proposte estranee alla Fondazione ‘Cuore Immacolato di Maria’ anche da parte di chi si dice ben disposto a seguire Natuzza. I cenacoli di Preghiera potete essere sotto tiro: sappiate seguire fedelmente lo spirito di mamma Natuzza, che non ha mai concesso nulla ai compromessi e alla cultura dell’apparire e dello spettacolo. Le forze del male possono nascondersi dovunque con la faccia del bene. Lasciatevi guidare dai vostri assistenti spirituali e vedrete che sarà Natuzza stessa a continuare a seguire e condurre i nostri passi sulla strada del Signore» (Omelia del 23 agosto 2012, pag. 73).

Di recente ha avuto parole molto dure anche all’indirizzo di don Pasquale Barone e padre Michele Cordiano, rispettivamente ex presidente ed ex tesoriere della Fondazione, i due sacerdoti che per tanti anni hanno seguito da vicino Natuzza, assistendola spiritualmente nella quotidianità e raccogliendone ogni confidenza. Eppure, soltanto quattro anni fa, nell’Omelia dell’Assemblea dei Cenacoli del 12 maggio 2013, aveva parole di pubblico plauso per quanto avevano fatto e stavano facendo: «Grazie ai Sacerdoti assistenti dei Cenacoli e a voi che fate corona intorno all’altare. Grazie a don Pasquale, a don Michele e a don Maurizio per quello che fanno per tutti noi. Siamo ormai una bella realtà. Siamo il segno sicuro che il seme piantato da Natuzza è Dio stesso ad averlo voluto. In un mondocome il nostro sempre più chiuso nel privato, che di fatto dimostra di non avere valori da coltivare, di non credere più a niente, o se crede – diceva Benedetto XVI – la sua fede non incide o incide poco nelle scelte e nei comportamenti della vita quotidiana, la presenza e la diffusione così ampia e articolata dei Cenacoli è un segno di speranza e di predilezione del Signore. Di questo non possiamo non essere grati anche a Natuzza, che resta sempre viva nel cuore di ognuno, e a chi si prodiga con sacrificio ed abnegazione perchè l’esperienza di preghiera e di fede possa continuare e moltiplicarsi» (pag. 86).

In tutta sincerità, Eccellenza, siamo confusi e amareggiati per i toni che ha usato sia verso don Pasquale sia verso padre Michele che Lei stesso, prima, aveva ringraziato in presenza di tutti i fedeli per la dedizione totale all’opera cui ha dato impulso mamma Natuzza.

Non ci spieghiamo come, Lei, pur elogiando le virtù della Evolo e il suo amore totale per il Signore e per il prossimo, tanto da dedicarle anche un Oratorio la cui rappresentazione, su sua richiesta, è stata pubblicizzata su tutti i media calabresi, sia così duro e inclemente con i sacerdoti che Lei aveva scelto quali direttori spirituali nel Suo apostolato di fede e carità. Sappiamo che più volte ha scritto loro intimandogli di convincerci a votare in favore delle “Sue” modifiche statutarie altrimenti, per la disobbedienza, li avrebbe sospesi “a divinis” e che questa stessa conseguenza ha prefigurato per ottenerne le dimissioni dal consiglio di amministrazione, dimissioni che unite a quelle del parroco di Paravati, sempre da Lei pretese, hanno provocato l’azzeramento di tutta la componente ecclesiastica nel consiglio e, automaticamente, la presidenza dell’avvocato Marcello Colloca, fin dall’inizio tra i pochissimi soci favorevoli alle Sue modifiche.

L’avv. Colloca e altri due dei sei componenti rimasti nel Cda, nel corso di una seduta di dubbia validità, hanno posto la richiesta della nomina di un commissario ad acta per l’approvazione delle modifiche statutarie bocciate dall’assemblea dei soci. Richiesta impropria per il diritto canonico (canone 318), potendo una tale nomina essere disposta solo per “gravi motivi” e nel caso di Associazioni pubbliche (canone 312) non pure per una fondazione che abbia personalità giuridica privata come la Cimra.

Lei stesso ora è sembrato perplesso circa la praticabilità di questa strada.
Resta l’amarezza per il Suo rinnovato auspicio che i consiglieri di amministrazione, dopo avere fatto opera di convincimento con noi soci, procedano direttamente, con decisione unanime, alle modifiche statutarie, contro una volontà assembleare che si è già chiaramente espressa, senza alcuna mancanza di rispetto né verso di Lei, né tanto meno verso i precetti della Chiesa.

Non è forse questo un atteggiamento “padronale”, quale quello da cui ha messo di recente in guardia tutti i Vescovi Papa Francesco? Non è sostenibile, come Lei Eccellenza sostiene, che le modifiche che pretende siano minime e incentrate solo sull’aspetto liturgico, teologico e dottrinale, quindi, dettate dalla conformità ai precetti della Chiesa. La guida liturgica – pastorale che riguarda le attività di religione appartiene al Suo magistero, non servono ad affermarlo modifiche statutarie, ma solo le Sue direttive. Nel testo vigente dell’art. 3 è già stabilito molto chiaramente che la liturgia e la pastorale devono essere “secondo la Chiesa” e che l’autorità competente è la Diocesi di Mileto Nicotera Tropea. Così sempre è accaduto nei venti anni di attività della Fondazione, come Lei stesso ha pubblicamente riconosciuto in molte occasioni e come racconta nel Suo libro.

Le modifiche statutarie che Lei pretende sono invece sostanziali, riguardano ben 9 articoli dell’attuale statuto e trasformerebbero la Fondazione, da soggetto giuridico di natura privata, sia sul piano canonico sia su quello del diritto civile, in persona giuridica pubblica secondo il diritto canonico. Mentre attualmente il diritto canonico riconosce la natura privata della Fondazione.

Oltre a pretendere la cancellazione nell’articolo 2 del testamento spirituale di Natuzza, cambiando gli art. 2 e 3 come vorrebbe, lo spirito e gli scopi della Fondazione non sarebbero più “irrevocabili nel tempo” ma semplicemente “essenziali per la Fondazione”. Inoltre, nell’art. 3 dello Statuto, sulla grande Chiesa, nella riformulazione da lei imposta, figura l’inciso “La cura e gestione della stessa saranno di esclusiva pertinenza della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, regolamentate tramite la stipula di un Disciplinare tra le parti in forma pubblica per notaio”. Questo inciso, congiuntamente alla eliminazione, dall’art. 10, delle lett. d), e), f) e g) – che riconoscono al consiglio di amministrazione tutti i poteri di gestione ordinaria e straordinaria della Fondazione – ed alla eliminazione, dall’art. 3 lett. h) della possibilità, per la Fondazione, di svolgere “ogni attività economica, finanziaria, patrimoniale, mobiliare e immobiliare, adottando le modalità che riterrà più efficaci allo scopo” sortirebbe proprio l’effetto, che Lei Eccellenza, ha dichiarato di non desiderare in alcun modo: ossia affidare alla Diocesi non solo la gestione in via diretta della pastorale e del culto, ma anche dei beni patrimoniali della Fondazione e del compimento di ogni relativa attività economica o finanziaria.

Con le modifiche statutarie da Lei volute, insomma, si lascerebbe la proprietà e la manutenzione ordinaria e straordinaria della Chiesa alla Fondazione, ma senza che questa possa di fatto provvedere alla spese necessarie per l’intero complesso dal momento che le entrate del Santuario confluirebbero interamente nelle casse della Diocesi senza onere alcuno.

È sconcertante che Lei continui a sostenere che noi soci fondatori saremmo stati refrattari a qualunque regolamentazione del rapporto tra la Fondazione e la Diocesi. Più volte, noi, all’inizio di questa divergenza, abbiamo chiesto che fosse redatto una sorta di “disciplinare” che fissasse le norme alle quali attenersi secondo le Sue indicazioni, ma Lei, Eccellenza, anche riguardo questo come già sulla consacrazione della chiesa, ci ha fatto sapere che si sarebbe proceduto alla stesura del disciplinare soltanto una volta approvate le modifiche dello Statuto suggerite da Lei e dai Suoi consiglieri.

Proprio questo atteggiamento ha acceso dall’inizio in noi una serie di perplessità sulle reali intenzioni che la spingevano a questa insistenza, anche perché ci arrivò, proprio nello stesso periodo la notizia che Lei avesse già contattato la congregazione dei padri rogazionisti per la gestione religiosa della Fondazione, non tenendo in debita considerazione quanto Natuzza ha indicato nel suo testamento spirituale, là dove si allude chiaramente alla nascita di «una fraternità» all’interno della Fondazione, testamento che Lei vuole appunto eliminare dallo Statuto con l’argomentazione che le apparizioni della Madonna a Natuzza alle quali si allude nel testo non sono state ancora “autenticate” dalle competenti autorità ecclesiastiche.

Eccellenza, noi non intendiamo né arroccarci nel puntiglio, né contrastare in alcun modo la Sua autorità, ma solo essere fedeli e leali con quel mandato celeste che prima monsignor Cortese e poi Lei stesso più volte, pubblicamente, avete riconosciuto a Natuzza, la quale dettò quanto la Madonna le aveva chiesto sia sul complesso della Villa della Gioia, sia sulla Fondazione e sullo Statuto della stessa che, secondo quanto le fu detto, non si sarebbe mai dovuto modificare. Tanto più che finora, come anche Lei ha riferito nelle Sue omelie, nei frutti, nell’opera realizzata in questo ventennio è visibile «il segno della volontà di Dio».
Sappiamo che Lei desidererebbe che fosse rappresentato a breve, presso la Villa della Gioia, l’Oratorio che Lei ha scritto per Natuzza, proprio nel luogo che Lei, con decreto di revoca, ha privato di ogni funzione liturgica e persino del conforto della messa e dell’adorazione eucaristica per gli anziani ricoverati nella casa dove furono assistiti anche Natuzza e suo marito Pasquale Nicolace. Dopo il decreto di revoca, Lei si è già concesso una deroga celebrando la messa in occasione del 23 agosto, data del compleanno di Natuzza. La Sua linea di intransigenza si arresta solo quando è coinvolta la Sua persona. Ravvisiamo inoltre una contraddizione con le parole che pronunciò durante la Sua indimenticabile omelia del 2012 sulla «cultura dell’apparire e dello spettacolo» aborrita da Natuzza.

Eccellenza, Papa Francesco si è rivolto con molta chiarezza ai Vescovi spiegando che il discernimento pastorale, nella concretezza, si traduce in «umiltà e obbedienza». Sì, anche i presuli dovrebbero obbedire e non solo pretendere obbedienza anche quando non parlano ex cathedra o agiscono per fini e convinzioni personali.«Umiltà rispetto ai propri progetti», ha spiegato il Papa, «obbedienza rispetto al Vangelo, criterio ultimo; al Magistero, che lo custodisce; alle norme della Chiesa universale, che lo servono; e alla situazione concreta delle persone, per le quali non si vuole altro che trarre dal tesoro della Chiesa quanto è più fecondo per l’oggi della loro salvezza». Ma, ha aggiunto il Pontefice, «soltanto chi è guidato da Dio ha titolo e autorevolezza per essere proposto come guida degli altri». Il Vescovo, tuttavia, «non può dare per scontato il possesso di un dono così alto e trascendente, come fosse un diritto acquisito, senza decadere in un ministero privo di fecondità». Il primo passo, ha continuato il Papa, è aggrapparsi alla preghiera, instaurare un rapporto «intimo» con Dio: è necessario «continuamente implorarlo», come «condizione primaria per illuminare ogni saggezza umana, esistenziale, psicologica, sociologica, morale di cui possiamo servirci nel compito di discernere le vie di Dio per la salvezza di coloro che ci sono stati affidati». «Senza questa grazia non diventeremo buoni meteorologi di quanto si può scorgere “nell’aspetto del cielo e della terra”, ma saremo incapaci di “valutare il tempo di Dio”».

Papa Francesco ha ricordato, inoltre, che «il discernimento del Vescovo è sempre un’azione comunitaria che non prescinde dalla ricchezza del parere dei suoi presbiteri e diaconi, del Popolo di Dio e di tutti coloro che possono offrirgli un contributo utile, anche attraverso gli apporti concreti e non meramente formali». Come affermava Doroteo di Gaza, «quando non si tiene in nessun conto il fratello e ci si considera superiori, si finisce per inorgoglirsi anche contro Dio stesso».
Ecco, Eccellenza, Le chiediamo di tenere finalmente in conto il nostro pensiero, la nostra volontà sempre correttamente espressa e di fare quanto il Pontefice ha suggerito ad ogni Vescovo: optare per un «dialogo sereno», senza la «paura di condividere, e anche talvolta modificare, il proprio discernimento con gli altri». Non venga a villa della Gioia per mettere in scena il Suo Oratorio, venga a pregare con noi, venga a parlare con noi tutti soci fondatori riuniti attorno a Lei, come una famiglia che cerca di nuovo la via della concordia.

«Ricordatevi», ha concluso il Papa rivolto a tutti i Vescovi, «che Dio era già presente nelle vostre diocesi quando siete arrivati e ci sarà ancora quando ve ne sarete andati. E, alla fine, saremo tutti misurati non sulla contabilità delle nostre opere, ma sulla crescita dell’opera di Dio nel cuore del gregge che custodiamo in nome del “Pastore e custode delle nostre anime”».

Trasmettere la «verità di Dio al gregge – ha detto papa Francesco – non è «bandire ovvi proclami, ma introdurre nell’esperienza di Dio che salva sostenendo e guidando i passi possibili da compiere». Meditiamo, Eccellenza, insieme su queste parole e ritroviamoci per un confronto costruttivo, senza più condizionamenti né pressioni di sorta. Creiamo una proficua base per riattivare il dialogo, le divisioni sono diaboliche, su questo siamo tutti d’accordo.

Voglia gradire il nostro devoto saluto. Cristo Regni!

Nazzareno Bellocco (Senna Comasco), Claudia Maiello (Latina), Giorgio Framarin (Latina), Maria Teresa Persichini (Terracina), Laura Iona (Roma), Annamaria Bevilacqua Odoardi (Cosenza), Rosa De Franceschi (Roma)

2 pensiero su “I fedeli di Natuzza Evolo chiedono al vescovo Renzo un passo indietro”
  1. I fedeli, i figli spirituali di Natuzza chiedono al vescovo Renzi un passo indietro. Io personalmente dico che sarebbe meglio che se ne andasse, magari anche subito, se opera così cosa ci sta a fare? Ha portato un tempo di dolore tra i devoti di questa donna sofferente, mite e meravigliosa e non può averlo fatto per un fine cristiano. Chi nella Chiesa di Cristo si serve di essa per cose personali deve abdicare, la Chiesa non è dei prelati, ma dei fedeli che hanno solo bisogni di amore e di vedere testimoniato il Cristo che amano. Si dice che il pastore deve puzzare di pecora e non di altri interessi. Io in questa vicenda il puzzo di pecora non lo sento e non ho il raffreddore.

  2. APPARIZIONE– SOGNO. Apparizione: Mamma Natuzza ha visto e ha parlato con la MAMMA CELESTE,in riguardo che ci sarebbestato una nuova CHIESA è quella che c’è, SOGNO:significa attività mentale che si svolge durante il sonno,caratterizzata da impressioni visive. Sensazioni e pensieri non cordonati tra loro.”sogni nel cassetto, progetti non realizzati o irrealizzabili.” Cosa ci ricorda Mamma Natuzza ,datevi con amore,con gioia,con carità e affetto per amore degli altri. Così che dobbiamo essere tutti , in particolarmodo coloro che vogliono dedicarsi all’opera della MADONNA,altrimenti non ha valore. Cosa risponde sua Eccelenza Vescovo di Mileto Mon. Renzo? Ringrazio i Cenacoli che sono un segno di speranza e predilezione del Signore GESÙ . E di questo siamo grati a Mamma Natuzza,per il seme,che seminato nei nostri cuori,e sarà sempre nel mio cuore “come figlio spirituale”,nei cenacoli di Napoli . La nostra esperienza di Preghiera e di Fede possa continuare e moltiplicarsi.

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