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La Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e la Fondazione Policlinico universitario Gemelli di Roma hanno firmato un intervento congiunto che alla luce dell’esperienza clinica e accademica e di studi scientifici solleva rilevanti interrogativi sui possibili effetti della norma nella relazione tra medico e paziente, facendo propria poi la netta posizione dei vescovi americani sull’obiezione di coscienza alle «disposizioni anticipate»: «Se una Dat confligge » con l’insegnamento cattolico «si spiegherà perché la Dat non può essere onorata».

 

Nel testo leggiamo che dove il Testamento biologico ( Living will) è stato adottato non ha «risolto le criticità per la cui soluzione era stato varato». Tra le possibili cause del perdurare delle criticità sono indicate, «oltre alla cultura inadeguata degli operatori, la mancanza di chiarezza e il linguaggio vago della documentazione. Perché incerto è il terreno su cui ci si muove, da molti e da noi si sostiene per esperienza l’impossibilità di un intervento drastico quale quello rappresentato da una legge che avrebbe l’ambizione di regolare una condizione ‘grigia’ come il fine vita». Le Dat «sono soggette spesso a una interpretazione molto soggettiva da parte degli operatori sanitari, che decidono e si comportano diversamente sullo stesso caso e […] la stessa autodeterminazione e lo stesso orientamento del paziente mutano spesso nel tempo in funzione di variabili che includono il suo stato di salute, la presenza ed entità del dolore fisico, l’assiduità dell’assistenza da parte di familiari e caregivers»

Inoltre, «il processo assistenziale non si può risolvere in un protocollo da scomporre in procedure ed è sempre implicata una dimensione umana imprevedibile, non standardizzabile, non definitiva e che si gioca nella relazione personale paziente-famiglia- medico».

Noi operatori sanitari, scrivono i medici della Cattolica e del Gemelli «siamo ‘formati’ per cercare di guarire quando possibile e di assistere sempre e riaffermiamo il valore professionale del ‘non-abbandono’ […] che richiede di assicurare la continuità di cura sia per la disponibilità nella competenza che nella relazione terapeutica, ma anche di curare la conclusione di una tale relazione senza accanimenti terapeutici fino a rendersi presenti e disponibili ai familiari dopo il decesso».

La legge approvata «non prevede obiezione da parte dei medici anche quando dispone che nutrizione e idratazione siano atti terapeutici senza che ci sia alcuna evidenza di beneficio o nocumento nel morire non alimentati o idratati. In armonia con la Conferenza episcopale statunitense proporremo ai nostri pazienti che “in accordo con la legge informeremo i pazienti sui loro diritti per disporre di disposizioni avanzate di trattamento (Dat). Tuttavia non onoreremo una Dat contraria all’insegnamento cattolico. Se una Dat confligge con tale insegnamento si spiegherà perché la Dat non può essere onorata”», concludono al Gemelli e in Cattolica.

3 pensiero su “Obiezione di coscienza alle Disposizioni anticipate di trattamento dai medici della Cattolica e del Gemelli”
  1. La cattolica è il gemelli se non ottemperano alle Dat, non hanno piu’ i requisiti per essere accreditati presso il servizio sanitario nazionale, in quanto non è prevista in nessun caso, l’obiezione di coscienza.

    1. Certo. Ma quando la gente sentirà che lo Stato vuole chiudere un ospedale come il Gemelli perché non uccide i pazienti, sarà la volta buona che scoppierà una rivoluzione…

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