Il rapporto tra estetica e senso del sacro? Molto stretto. Ne è convinto, e lo conferma in questa intervista che ci ha rilasciato, il professor Stefano Zecchi, docente emerito alla Università di estetica di MIlano.
Professor Zecchi, quali sono le relazioni tra sacro ed estetica?
“Molto strette e presenti. Non vi è alcun dubbio che il Bello favorisca e promuova il sacro, avvicina a Dio e comunque alla idea del trascendente”.
Per quale motivo?
“La bellezza mostra quello che non è rozzo e volgare o banale. Per esempio, venendo alle cose religiose, trovo sconveniente in tema estetico che i sacerdoti vestano civilmente, non da preti. Fa parte della modernizzazione dilagante che porta allo scadimento. Sotto alcuni aspetti la ricerca del moderno è accettabile, però bisogna fare attenzione a non distruggere le forme”.
Liturgia. A suo parere il rito romano antico assicura la Bellezza?
“Certamente ha sua maggiore ieraticità rispetto all’altro e direi che da questa angolazione esalta di più sia il bello che la trascendenza. Tuttavia, non è possibile fare delle generalizzazioni, molto dipende dal celebrante . Una cosa è certa: la qualità estetica avvicina al senso del sacro, molto di più rispetto alla banalità del quotidiano”.
La liturgia orientale?
“Sicuramente è quella più elegante, ma la più distante dai fedeli. In senso meramente estetico convince di più”.
Qual è il giudizio del professor Zecchi sull’arte sacra oggi?
“La vedo in grossa difficoltà, specialmente nelle scelte sulla sacralità del tempio dove si è smarrita o quanto meno attenuata, l’ alta e vera rappresentazione della Bellezza. La modernità è contro il Bello, e l’ edificio sacro è attualmente la prima vittima della crisi del Bello, alla pari dell’ arredo, spesso sciatto e privo di gusto. Tanto dipende dal fatto che i committenti scelgono architetti ed artisti non credenti e questo influisce negativamente sull’opera. Pensi che i musulmani e gli ebrei difficilmente affidano la progettazione di edifici di culto a non credenti ed hanno ragione”.
Paramenti sacri nelle nostre chiese, le piacciono?
” Dipende. Anche qui la qualità estetica avvicina al sacro e talvolta si vedono cose imbarazzanti persino nella scelta dei colori che non definiscono con esattezza il tempo liturgico in corso. La pienata di una volta ci porta maggiormente alla immanenza”.
Bruno Volpe
La maggior parte di questi moderni ministri di Dio,non porta l’abito sacro,quai avessero vergogna.Sono sciatti, male abbigliati e tutti sono orientati a nascondersi.Sembra gente comune e invece non dovrebbero averememore.Il giovane Rolando Rivi fu ucciso dai partigiani proprio perchè portava la talare.Diceva:”con la talare sono di GESu'”.Il bello è che questi che si vergognano di mettere l’abito sacro,quando li vedi sull’altare a celebrare sembrano dei travestiti da prete.
Il rifiuto o la ritrosia di indossare l’abito ecclesiastico viene giustificato, da parte dei sacerdoti interessati, come una conseguenza dello “spirito del Concilio”; mentre è solo una conseguenza di quell'”antispirito del Concilio” denunciato dall’allora Card. Ratzinger. Un falso spirito di non pochi sacerdoti, vescovi che hanno travisato il vero spirito dell’ultimo Concilio, nei cui documenti non c’è traccia alcuna di una programmata secolarizzazione dell’abito ecclesiastico; come non vi era nelle menti e nelle intenzioni dei Padri che hanno approvato i medesimi documenti. Quel che va combattuto, nella Chiesa di oggi, è il travisamento del contenuto vero dei documenti conciliari e dello stesso spirito del Concilio.