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L’anno 2018 ha registrato un aumento delle tendenze e dell’intensità delle violazioni della libertà religiosa a Cuba. Così riporta il “Rapporto 2018 sulle libertà religiose a Cuba” , a cui il giornalista José María Ballester ha avuto accesso per il quotidiano spagnolo ABC.

Il rapporto è stato coordinato dall’Istituto Patmos, interlocutore diretto di entità come “Il Centro europeo per il diritto e la giustizia” e di Sam Brownback, ambasciatore statunitense per la libertà religiosa.

Di fronte all’impossibilità di svolgere un classico lavoro di statistica, i promotori del rapporto hanno scelto di raccogliere, con rigore, il maggior numero possibile di violazioni della libertà religiosa, pratica di fede che, in linea di principio, è consentita a Cuba.

Tuttavia, in assenza di una legge che la regoli, il suo vero esercizio è soggetto allo stretto controllo dell’Ufficio degli affari religiosi del Partito comunista, la cui soppressione è stata chiesta apertamente dall’Istituto Patmos.

Al di là dei casi concreti, che solitamente riguardano piccoli gruppetti di fedeli (diversi sono stati fermati dalla Polizia Nazionale Rivoluzionaria per controlli che sono durati anche 24 o 48 ore), la relazione evidenzia altri casi di violazione sistematica della libertà religiosa come la repressione degli avvocati che assistono le comunità religiose e fenomeni di cyberbullismo nei confronti di chierici e di attivisti religiosi.

L’Istituto Patmos ha raccomandato ai cubani di ribellarsi a questo stato di cose, di pensare che il silenzio “non può essere un’opzione valida”. Questo perchè dal regime l’Istituto non si aspetta più nulla, non si aspetta un miglioramento della situazione legislativa in materia.

La chiesa cattolica a Cuba, al termine dell’anno 2010 su una popolazione di 11.242.000 abitanti contava 6.766.000 battezzati, corrispondenti al 60,1% del totale.

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