Secondo la saggista Elizabeth A. Mitchell offrendo una risposta in tre parti sulla crisi della Chiesa, nel suo breve testo reso noto ad aprile, Papa Emerito Benedetto XVI avrebbe risposto alle domande degli oramai noti Dubia (quelli sollevati da alcuni cardinali dopo la pubblicazione del testo di Amoris Letitiae).
Secondo la statunitense Elizabeth A. Mitchell, dottore in Comunicazione sociale istituzionale presso la Pontificia Università della Santa Croce, già traduttrice presso la Sala stampa della Santa Sede e L’Osservatore Romano e consulente del Centro internazionale per la famiglia e la vita dedicata a Santa Gianna Beretta Molla e al marito Pietro Molla, “offrendo una risposta in tre parti alla crisi della Chiesa il Papa emerito ha risposto, indirettamente, ai cinque dubbi che avevano sollevato a Papa Francesco i cardinali Brandmüller, Caffarra, Meisner e Burke.
“Il papa emerito ha adempiuto al dovere che papa Francesco non ha adempiuto, cioè, di mantenere i vescovi e tutti i fedeli nell’unità dell’insegnamento costante della Chiesa sulla fede e la morale”, ha scritto la donna.
Il Papa emerito ha risposto alla prima domanda dei Dubia (se è possibile ammettere alla Santa Comunione una persona convivente che non rispetta le condizioni previste dalla “Familiaris Consortio” n. 84 e successivamente ribadite da “Reconciliatio et Paenitentia” n. 34 e “Sacramentum Caritatis” n. 29) rispondendo indirettamente di NO quando nelle sue note ha scritto: “Corriamo il rischio di diventare maestri di fede invece di essere rinnovati e dominati dalla Fede. Consideriamo questo per quanto riguarda una questione centrale, la celebrazione della Santa Eucaristia. La nostra gestione dell’eucaristia non può che destare preoccupazione. . . Ciò che predomina non è una nuova venerazione per la presenza della morte e della risurrezione di Cristo, ma un modo di trattare con Lui che distrugge la grandezza del Mistero. . . Non abbiamo bisogno di un’altra Chiesa nel nostro progetto. Piuttosto, ciò che è richiesto è prima di tutto il rinnovamento della fede nella realtà di Gesù Cristo che ci è stato donato nel Santissimo Sacramento. . . E dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere il dono della Santa Eucaristia dagli abusi”.
Alla seconda domanda dei Dubia (se esistono ancora norme morali assolute che proibiscono atti intrinsecamente malvagi e che sono vincolanti senza eccezioni) la risposta indiretta di Benedetto XVI è stata Sì.
“Papa Giovanni Paolo II, che conosceva molto bene la situazione della teologia morale e lo seguì da vicino, commissionò il lavoro su un’enciclica che avrebbe ristabilito queste cose. . . È stato pubblicato con il titolo Veritatis splendor . . e in effetti includeva la determinazione che c’erano azioni che non potevano mai diventare buone. . . . Sapeva che non doveva lasciare dubbi sul fatto che il calcolo morale coinvolto nel bilanciamento dei beni deve rispettare un limite finale”.
Alla terza domanda dei Dubia (è ancora possibile affermare che una persona che vive abitualmente in contraddizione con un comandamento della legge di Dio … si trova in una situazione oggettiva di grave peccato abituale?) la risposta indiretta di Benedetto XVI è stata Sì.
“Una società senza Dio – una società che non Lo conosce e lo tratta come inesistente – è una società che perde la sua misura. . . La società occidentale è una società in cui Dio è assente nella sfera pubblica e non ha più nulla da offrirlo. Ed è per questo che è una società in cui la misura dell’umanità è sempre più persa. A singoli punti diventa improvvisamente evidente che ciò che è malvagio e distrugge l’uomo è diventato una questione naturale”.
Alla quarta domanda dei Dubia (se ancora oggi si deve ritenere ancora valido l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II “Veritatis splendor” n. 81, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, secondo cui: “le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto soggettivamente onesto o difendibile come scelta”?) la risposta indiretta di Benedetto XVI è stata Sì.
“Ci sono beni che non sono mai soggetti a compromessi. Ci sono valori che non devono mai essere abbandonati per un valore maggiore e che possono persino superare la conservazione della vita fisica. . . . Dio è più della mera sopravvivenza fisica. Una vita che sarebbe stata comprata dalla negazione di Dio, una vita basata su una bugia finale, è una non vita”.
Alla quinta domanda dei Dubia (dopo “Amoris laetitia” n. 303 si deve ritenere ancora valido l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II “Veritatis splendor” n. 56, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, che esclude un’interpretazione creativa del ruolo della coscienza e afferma che la coscienza non è mai autorizzata a legittimare eccezioni alle norme morali assolute che proibiscono azioni intrinsecamente cattive per il loro oggetto?) la risposta indiretta di Benedetto XVI è stata Sì. ”
La crisi della moralità. . era principalmente l’ipotesi che la moralità doveva essere determinata esclusivamente dagli scopi dell’azione umana che prevaleva. . . Di conseguenza, non poteva esserci più nulla che costituisse un bene assoluto, più di qualsiasi cosa fondamentalmente malvagia; (potrebbero esserci) solo giudizi di valore relativo. Non c’era più il (bene assoluto), ma solo il relativamente migliore, contingente al momento e alle circostanze. . . Ma c’è un insieme minimo di morale che è indissolubilmente legato al principio fondamentale della fede e che deve essere difeso se la fede non deve essere ridotta a una teoria, ma piuttosto essere riconosciuta nella sua rivendicazione di vita concreta. Tutto ciò rende evidente quanto fondamentalmente l’autorità della Chiesa in materia di moralità sia messa in discussione”.
Lo stesso Benedetto XVI ha avvertito che “la stessa fede della Chiesa” viene messa in discussione. “È molto importante opporsi alle menzogne e alle mezze verità del diavolo con tutta la verità: Sì, c’è il peccato nella Chiesa e il male. Ma anche oggi c’è la Santa Chiesa, che è indistruttibile. . . . Oggi anche Dio ha i suoi testimoni (martiri) nel mondo. Dobbiamo solo essere vigili per vederli e ascoltarli”.
Ognuno vede un po’ quel che vuol vedere.
In primo luogo, a me pare che se Benedetto avesse voluto rispondere ai “dubia” l’avrebbe fatto espressamente e non nel nascondimento delle righe.
In secondo luogo, Papa Francesco con “Amoris laetitia”, ha semplicemente reso ufficiale e più chiaro quello che da sempre si applica nella nostra Chiesa, laddove esistano situazioni dolorose: ci sono persone di buona fede intenzionate a rispettare i Comandamenti ma in stallo per condizioni senza uscita e impedite nel sacramento eucaristico, e Francesco ha voluto solo rendere maggior chiarezza circa queste situazioni.