Se si fa capire“che è meglio limitare il più possibile il voto stesso, soprattutto quando passa per un referendum, la conclusione che ne trae chi ti ascolta e tiene al proprio voto – non gli è rimasto altro per esprimere il proprio orientamento – è dirti nella maniera più chiara che non è d’accordo.” E se poi a risultato acquisito,“insisti nel disprezzare sul risultato delle urne e lo qualifichi come incivile, hai veramente voltato le spalle alle realtà”. Lo afferma l’ex sottosegretario Alfredo Mantovano in un articolo intitolato “”e Elite sconfitte se volgono le spalle alla realtà” pubblicato su Il Nuovo Quotidiano della Puglia.
Per Mantovano il SI poteva contare“su uno spiegamento impressionante: risorse senza limite, media proni, sponde e sostegni di ogni tipo in Europa e sulla scena internazionale e finanziaria. Il fronte del No ha opposto le mani nude ai missili e ai cannoni”. La cosiddetta “accozzaglia” del No, era una composizione diversificata, tra questi, c’era la componente delle famiglie italiane che peraltro“non si sentono rappresentate da nessuno e che protestano contro la propria umiliazione, accelerata negli ultimi tre anni”.
Secondo Mantovano,“qualcosa di analogo è accaduto negli Usa: Hillary Clinton confidava su un’ampia raccolta di voti femminili, puntando sull’essere la prima donna con serie possibilità di diventare presidente e sulla caricatura sessista dell’avversario. Ha incassato meno di quanto sperato perché a larga parte delle donne americane interessa arrivare alla fine del mese, mantenere il posto di lavoro, recuperare uno standard di vita minimo, molto più dei “diritti” lgbt, che hanno costituito un punto qualificante della sua compagna, a scapito dei diritti delle famiglie”. Sicuramente le motivazioni del NO sono state varie, ma è pur vero che hanno avuto un certo peso anche quelle del popolo del Family day. Voglio ricordare che al Circo Massimo, il 30 gennaio scorso, su uno striscione vicino al palco della manifestazione delle famiglie c’era scritto “Matteo ci ricorderemo”.
Pertanto,“il premier ha deriso quella piazza e il suo leader, Massimo Gandolfini, poi l’ha disprezzata imponendo con doppia fiducia la legge cosiddetta sulle unioni civili (nella sostanza il matrimonio same sex), dopo aver fatto passare con lo stesso metodo altre leggi ostili alla famiglia. Qualche mese dopo quel popolo – qualche milione di persone – “si è ricordato”. Per Mantovano, “sarebbe grave se questa componente del No fosse ignorata ancora adesso, dopo esserlo stata dai media, dai commentatori e dal premier per l’intera campagna referendaria; sarebbe grave per il rispetto che si deve agli elettori e alla verità”.
Adesso dopo il referendum che cosa bisogna fare? Certamente a questo punto, non basta un NO,“è necessario passare dalla piazza – che è una ricchezza e non va abbandonata – a qualcosa di più e di più strutturato”. E’ un monito che vale per tutti, anche per il mondo cattolico, che non ha capito e continua a non capire quello che è successo negli Usa, demonizzando Trump.
Tuttavia per le elezioni presidenziali americane, c’è un dato che viene ignorato, per Trump “hanno votato il 61% dei mormoni, il 60% dei protestanti, il 55% di altre confessioni cristiane e perfino il 52% dei cattolici. Sono cifre, non valutazioni: non trasformano Trump nel paladino della fede, né eliminano i nodi problematici della sua controversa figura: dovrebbero però – dentro e fuori gli Usa – far sollevare delle domande e far cercare delle risposte”.
Comunque sia il NO del 4 dicembre“è un incoraggiamento popolare – non populista – a non accontentarsi di aver fermato il pericolo: e a chiedersi, in epoca di crollo demografico, come ridare dignità alla famiglia”.
Un altro messaggio importante che possiamo trarre da questo referendum è quello che il popolo è presente e fa bene la sua parte, ma sono assenti i capi, quelli che dovrebbero guidare questo popolo. Ma questo purtroppo, sembra una costante nella Storia delle varie insorgenze popolari.
Mantovano è molto sensibile sulla questione leadership. Qualche anno fa ha organizzato a Lecce con il suo“Progetto Osservatorio” una serie di incontri, denominati “Le sfide della leadership” proprio per evidenziare la mancanza di classe dirigente per il nostro Paese. Pertanto anche in questa occasione fa notare che in Italia mancano i capi. L’esponente cattolico salentino per promuovere quegli incontri culturali e politici, utilizzava delle puntuali parole di San Giovanni Paolo II, pronunciate il 3 novembre 1984:“I capi non s’improvvisano, soprattutto in un’epoca di crisi. Trascurare il compito di preparare nei tempi lunghi e con severità d’impegno gli uomini che dovranno risolverla significa abbandonare alla deriva il corso delle vicende storiche”. Con parole nostre potremmo dire i capi non si acquistano al supermercato.
Con una buona dose provocatoria Mantovano in un fondo apparso sul quotidiano online LaNuovaBQ.it, sostiene che in questo momento manca un Hofer versione 2016 e non si riferisce a Norbert Hofer, l’esponente del Partito della Libertà austriaco. Fa riferimento ad Andreas Hofer, quel padre di famiglia, che guidò l’insurrezione del popolo tirolese nel 1807 contro l’invasore francese Napoleone Bonaparte.“Il popolo non voleva Bonaparte e si attendeva che le elité guidassero la resistenza: ma i capi scapparono o si accordarono con l’invasore e, alla ricerca di una guida vera, i valligiani si rivolsero a chi stimavano e ritenevano affidabile”. Pertanto scrive Mantovano: “Il popolo c’era. Allora come ora. Mancano i capi, allora come ora.”
Domenico Bonvegna