“Non dare la cittadinanza vuol dire non integrare, e quindi favorire la marginalizzazione”. Ne è convinto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che intervenendo oggi al “Cortile di Francesco” ha parlato anche del dibattito sullo “ius soli”, precisando che il ddl in discussione parla in realtà di “ius culturae”.
In un’Italia in cui i cittadini “sono spaesati e domina la paura di fronte a migrazioni e terrorismo”, per non cadere preda degli “imprenditori della paura” occorre innanzitutto “superare la sproporzione tra parole e realtà”, ha affermato lo storico elencando i dati: “Nel 2015 sono arrivati in Italia 153mila profughi, il 9% in meno del 2014, ma se ne è parlato l’80% in più e sui tg il 200% in più. Negli ultimi due mesi del 2017 gli sbarchi sono calati del 79%, ma la paura per i migranti è cresciuta fino ad arrivare al 46%. Le parole della paura aumentano, ma gli sbarchi diminuiscono”. “Dobbiamo imparare a parlarne in modo emozionale e a non strumentalizzare o lasciarci strumentalizzare”, la proposta di Riccardi, che ai giornalisti ha affidato alcuni imperativi di manzoniana memoria: “osservare, ascoltare, paragonare, pensare prima di parlare”.
Sulla questione dei migranti, ha osservato lo storico, “in Italia manca la preparazione e mancano le reti: oggi il cittadino globale non ha più reti, è solo di fronte al mondo, il che vuol dire il più delle volte solo davanti alla tv”. “Bisogna creare un processo di ripensamento positivo sulle migrazioni”, l’invito di Riccardi, secondo il quale “occorre investire sulla cultura degli italiani perché sappiano leggere quello che accade. Le radici del populismo si battono attrezzandosi sul mondo globale”. (SIR)
caro cardinale in pectore! per colpa tua ed altri sinistrati come te, i marginalizzati siamo noi italiani .Filo islamico e nemico del popolo italiano!!
Onorevole, quali e quanto ingenui strafalcioni! Mi limito solo a tre osservazioni.
1 – lei dice che “non dare la cittadinanza vuol dire non integrare, e quindi favorire la marginalizzazione”. A me pare che si debba dire esattamente il contrario: per togliere dalla marginalità è necessaria l’integrazione che a sua volta permetterà una cittadinanza reale e fruttuosa, e non il regalo prematuro di un pezzo di carta timbrata. La motivazione? Senza avvedersene, l’ha data lei stesso dicendo che lo ius soli in realtà dovrebbe essere uno ius culturae. Quindi, anche per lei, prima la cultura: la lingua, l’educazione civica e l’integrazione che ha appunto nella cittadinanza il suo traguardo.
2 – Definire chi pensa diversamente da lei un “imprenditore della paura”, tutto sommato, è abbastanza ingenuo. La paura non la costruiamo noi come un edificio, non la vogliamo noi, nessuno va a cercarsela, ma deriva da cause che vanno individuate, capite e rimosse. E se alla diminuzione degli sbarchi corrisponde un aumento della paura, anziché tranciare accuse, se ne chieda il perché. Invece di banalizzare la paura di tanti cittadini si preoccupi di rimuoverne le cause.
3 – lei invita ad “attrezzarsi sul mondo globale”. Sa quanti modelli e forme diverse di pensare la globalizzazione sono possibili. Non mi soffermo. Veda di “pensare prima di parlare” lei stesso per primo per chiarire quale sia il suo.
Mi permetta infine un suggerimento estraneo all’argomento ma che desidero ugualmente rivolgerle. Perché non organizza il “pranzo dei poveri” in un bel Ristorante, più idoneo per facilità dei vari servizi oltre che per il rispetto a loro? Non le hanno mai detto che anche tra i poveri c’è chi prova disagio nel sentirsi invitato ad entrare in chiesa per poi… ordinare la pizza? Si salverebbe anche la riverenza dovuta alla Basilica, lo scopo per il quale la fede dei nostri avi l’ha abbellita, il riguardo per il Signore che desidera conversare con chi viene a fargli visita anziché ascoltare discorsi prandiali o essere spostato in sagrestia! Sono certo che non le mancherebbe ugualmente la nostra ammirazione. Mi perdoni la lunghezza. Con rispetto