Lo scorso anno l’Australian Bishops Conference (la Conferenza episcopale australiana) ha fatto distribuire un libro dal titolo “Don’t Mess With Marriage”, un testo che promuove il sacramento del matrimonio. Adesso Martine Delaney, un membro del partito Verdi di Hobart, Tasmania, primo auto-descritto transgender politico d’Australia, accusando i vescovi australiani di “omofobia” e “odio” per la loro promozione “del vero matrimonio” ha presentato al Commissario antidiscriminazione della Tasmania una denuncia di discriminazione contro l’Arcivescovo Julian Porteous della Tasmania e contro l’intera Conferenza Episcopale.
“La Chiesa è molto felice di fare affermazioni negative sul matrimonio tra persone dello stesso sesso”, ha dichiarato Delaney, che ha sostenuto che il libretto è stato una fonte di “danno incommensurabile per i bambini”. Alcuni gruppi si sono opposti a questa denuncia sostenendo la violazione della libertà di parola dei vescovi: “Se la Chiesa cattolica non può distribuire un opuscolo sulla dottrina cattolica ai cattolici”, si è chiesto Simon Breheny, il direttore del Legal Rights Project, “chi può distribuirlo? Questo caso evidenzia un attacco evidente alla libertà di espressione”.
Invano Delaney ha insistito con i vescovi per il ritiro del libretto. Ha cercato di farsi notare sui media ritirando la sua denuncia formale, e l’arcidiocesi di Hobart ha risposto per le rime: “questa decisione del commissario solleva una serie di questioni che è rimasta senza risposta, in particolare la capacità della Chiesa di esprimere liberamente la sua opinione sul matrimonio”.
“Al fine di avere una società democratica fiorente”, continua l’arcidiocesi, “è fondamentale che tutti i cittadini abbiano la libertà di esprimere le diverse convinzioni in base ai loro giudizi, convinzioni o fede in un modo che rispetta la dignità di tutte le persone”.
Matteo Orlando