Durissima presa di posizione di un vescovo contro Avvenire. Ignazio Sanna, arcivescovo di Oristano, con una lettera pubblicata il 13 Aprile 2016 sul quotidiano che si vanta di essere d’ispirazione cristiana, critica il giornalista Umberto Folena, che ha difeso l’atto blasfemo di Grillo (somministrare dei grilli a mo’ di eucaristia) e scrive: «non sono d’accordo con il suo commento su Beppe Grillo. Non sono un cattolico reattivo; non sono un sanfedista; non ho visto lo spettacolo e non sarei andato a vederlo. Grillo può fare tutta l’autoironia che vuole. Ma dalla mia parte si dice: scherza con i fanti ma lascia stare i santi. La gente ha percepito la parodia come un gesto blasfemo. Non bisogna scomodare la teoria dell’eterogenesi dei fini per sostenere che l’effetto dello scherzo non è stato percepito come autoironia, ma come un’allusione di pessimo gusto. Che si scherzi su ciò che abbiamo di più santo e di più caro, l’Eucaristia, mi fa semplicemente indignare. La mia indignazione è condivisa da cattolici che sono seri, non sono sanfedisti, non vedono gli spettacoli di Grillo, nutrono sentimenti che vanno rispettati».
Parole semplici, chiare, alle quali il giornalista di lungo corso di Avvenire ha replicato così: «Non ho alcun dubbio sul fatto che chi ha visto solo pochi secondi di registrazione, o appena un fotogramma dello spettacolo ‘Grillo vs Grillo’, possa essere stato indotto a genuino sconcerto e, dico io, ad amaro equivoco. Quello, appunto, della parodia blasfema dell’Eucaristia da parte del comico genovese… Ma in ogni evento comunicativo, conviviale o di massa, eliminare il contesto (che, sia chiaro, può essere un’aggravante) è sempre azzardato ed espone a inevitabili errori di valutazione (e questo vale persino in Italia dove il ‘contesto’ a causa di un’altra storia a sfondo politico, in quel caso protagonista Silvio Berlusconi, è diventato addirittura una parolaccia ‘a prescindere’). Trovo interessante, e preoccupante, che dei commenti finora giunti in redazione, per posta o sulla pagina Facebook di ‘Avvenire’, ben pochi siano di chi ha visto lo spettacolo. E mi colpisce che tra chi non ha visto di nuovo quasi nessuno si fida di chi invece c’era e ha potuto valutare. Lo racconto di nuovo. Grillo clown discute e litiga con il Grillo politico, presente in ologramma, ossia finto, ossia un fantasma da esorcizzare. Alla fine, esasperato, sbotta: io leader? Io guru? Io una sorta di Gesù Cristo? Ma per piacere…. Però, se proprio insistete, ecco qua, venite a mangiare il grillo caramellato. Subito dopo invita il pubblico a mandarlo sonoramente a quel Paese. Ora, blasfemo è chi offende Dio, Cristo, la Madonna, i sacramenti con il preciso intento di offenderli, in odio verso di loro. Per ferire. Vi sembra questo il caso? Si può e si deve discutere se sia di buono o cattivo gusto. Se l’allusione a qualcosa di molto caro ai credenti sia opportuna o inopportuna. Un clown non ha mezze misure, ‘deve’ disturbare. Ma la blasfemia non c’è proprio, il contesto (che, ripeto, spesso può essere un’aggravante) garantisce che non c’è alcun odio, nessuna intenzione di irridere. Palese è invece l’intenzione di chi apre il ‘caso’ dopo più di due mesi di tournée. Palese è la strumentalizzazione politica che strumentalizza la sensibilità dei cattolici. Di questo, che era il cuore e la conclusione del mio commento, bisognerebbe parlare».
Matteo Orlando
Sono in totale accordo con il Vescovo di Oristano, anch’io come lui, non solo rattristato ma sdegnato, tanto per il gesto di Grillo quanto per la spiegazione a dir poco maldestra del giornalista. Non c’è nessun “contesto” né alcun “ritardo cronologico” né alcuna “mancata visione del programma” che possa giustificare la derisione dell’Eucaristia o attenuarla. Che l’offensore lo creda o no e che ne abbia l’intenzione o meno, il cristiano percepisce la derisione dell’Eucaristia come continuazione della derisione di Cristo inchiodato sulla Croce come avvenne quel giorno ai suoi piedi! Provo la medesima amara delusione che ho provato nel trovare sul giornale le vignette satiriche di un certo “umorista” e, alla sua dimissione (ritenuta opportuna per non perdere lettori?) il rimpianto amichevole, quasi nostalgico, del Direttore. Colgo l’occasione per dire che da tempo, personalmente, trovo che Avvenire pratichi una “informazione” e un “dialogo” (talvolta accomodanti) che dedicano ampio spazio alle opinioni della modernità e poco o nullo alle opinioni e alle ragioni dei Vescovi che pensano diversamente dalla CEI, mancando così di obiettività ecclesiale e preferendo farsi risonanza delle iniziative sociali e politiche. Ovvio, apprezzo molti altri aspetti del giornale ma gli avrei mancato di rispetto e sincerità se avessi taciuto questi suoi gravi limiti. Con amicizia.