Come cristiani siamo invitati a “smarcarci dal pensiero unico che vuole farci pensare in un certo modo, creando confusione fino a rovesciare le cose più belle, sane, sante, come la vita, la famiglia, l’amore, le relazioni”.
Infatti, “il nostro tempo inneggia alla vita ma ama la morte. Proclama la dignità di ogni uomo ma lo usa per guadagnarci sopra profittando delle sue sofferenze e debolezze. Anziché stargli accanto e sostenerlo in ogni modo, l’uomo bisognoso e l’uomo in genere lo abbandona a se stesso, mascherando la sua indifferenza e la sua convenienza con il rispetto”.
Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente della Cei e del Ccee, nell’omelia che ha pronunciato ieri notte durante la veglia di Pasqua che si è svolta nella cattedrale di S.Lorenzo.
Per il porporato, certi modi di pensare e di agire “sono finzioni che ci vogliono rendere schiavi ma se noi lasciamo salire le voci profonde dell’anima allora sapremo riconoscere ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è bene e ciò che è male, ciò che conta e ciò che è luccichio di un momento, apparenza, vanità e vuoto”.
Il porporato ha quindi ricordato che “Gesù è morto perché noi fossimo nella verità ricordandoci che alcune verità dipendono da noi che le creiamo ma molte altre ci precedono. Non le possiamo cambiare a nostro piacimento come, ad esempio, la vita umana. Essa ci precede, nessuno se l’è data e nessuno se la può togliere. Ci precede e ci sovrasta. È un mistero che ci avvolge. Non è a nostra disposizione, nelle nostre mani”.
In questo mondo, quindi, i cristiani “sono chiamati ad essere un contagio benefico nella verità per gli altri” ma “sono avvertiti dal mondo come un pericolo per il potere quando questo si concepisce non come servizio ma come dominio degli uomini e delle coscienze”. “Ma – ha concluso – vivere nella menzogna è vivere da schiavi”. (SIR)