“La Chiesa non è una lobby o una ong”. Lo ha affermato il card. Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, intervenendo alla conferenza internazionale su “Prospettive per il servizio dello sviluppo umano integrale a 50 anni dalla Populorum progressio”, in corso in Vaticano fino a domani.
“La Chiesa non esiste per se stessa, è Chiesa nella misura in cui è Chiesa per gli altri”, ha precisato il cardinale: “Si tratta di salvare l’umanità, di edificare l’umana società”, compito a cui la comunità cristiana intende assolvere “collaborando con tutti gli uomini di volontà, anche con gli atei, nelle questioni più urgenti del nostro tempo: la dignità inviolabile della persona umana, la giustizia sociale, la solidarietà e la pace nella famiglia dei popoli, la lotta contro le forze e i poteri distruttivi e nemici dell’uomo”.
“Non possiamo intendere il cristianesimo come un adattamento borghese del suo messaggio”, ha ammonito il porporato, “riducendo l’amore del prossimo a un’elemosina individuale” e la Chiesa “a una ong umanitaria e sociale”. “Pietà verso Dio e responsabilità verso il mondo sono inseparabilmente connesse in Cristo – ha proseguito Müller -, che è venuto nel mondo non per liberarcene, ma per ricondurlo al progetto salvifico di Dio”. Il cardinale, in particolare, ha messo in guardia dal progresso potato avanti da uno “sviluppo totalitario”, come quello delle “ideologie politiche sperimentate nel ventesimo secolo e che, sotto travestimento, prolungano fino ad oggi il loro pensiero perverso e le loro opere di distruzione”.
“L’alternativa tra bene e male non si può escludere a nessuno stadio del progresso”, la tesi di Müller, secondo il quale il compito della Chiesa – sulla scorta della Gaudium et spes e della Populorum progressio – consiste nel “collaborare, in modo costruttivo e non distruttivo, a realizzare condizioni di vita degne dell’uomo”, attraverso “il dialogo e la collaborazione con la politica, la società e tutte le realtà di vita terrestre”. A partire dal “dramma dei rifugiati che bussano alle nostre porte”, ha concluso il porporato. (SIR)