Il Vangelo di Domenica 10 settembre 2023 – XXIII Domenica per annum Dal vangelo secondo Matteo 18,15-20 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». COMMENTO DI DON RUGGERO GORLETTISembra esserci una contraddizione nella sacra scrittura. Una contraddizione tra il brano che abbiamo appena ascoltato e l’insegnamento sul perdono, che attraversa tutto il Vangelo: ricordiamo in particolare la parabola del servo spietato, che leggeremo domenica prossima, in cui Pietro chiede a Gesù quante volte dovrà perdonare chi lo ha offeso e Gesù risponde: «settanta volte sette», cioè sempre. Come si concilia l’esigenza del perdono incondizionato delle offese con la procedura indicata nel brano appena ascoltato? La contraddizione sembra evidente. Ma non è così, chiaramente. Qual è allora la differenza? Sembra essere questa: il brano di oggi non è rivolto al singolo cristiano, che riceve personalmente un’offesa. In questo caso il Signore chiede di perdonare comunque, senza riserve. L’insegnamento di oggi è rivolto ai capi della comunità cristiana, e insegna loro quale atteggiamento tenere nei confronti dei peccatori pubblici, manifesti, che non solo rischiano la dannazione eterna vivendo lontani dall’insegnamento del Signore, ma turbano anche la coscienza degli altri credenti e possono diventare motivo di scandalo per la fede dei fratelli. Chi pecca pubblicamente fa qualcosa di particolarmente grave, perché non tenta nemmeno di nascondersi, anzi, spesso vuole imporre il suo comportamento come giusto, o per lo meno non cattivo. La comunità cristiana non può restare indifferente nei confronti del male, e il brano di Vangelo di oggi ce lo dice chiaramente. Il peccato offende Dio e indebolisce in chi lo compie gli effetti della grazia di Dio, fino ad annullarli quando il peccato è grave. Non solo: ma il peccato del singolo, per il mistero della comunione dei santi, mortifica il tono spirituale dell’intera comunità cristiana. Oggi viviamo in una società permissiva. Sembra una bella parola, una società che sembra garantire a tutti la libertà di fare ciò che vuole. In realtà non è così. Una società permissiva è in realtà una società che ha smarrito ogni punto di riferimento, una società che non distingue tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Come diceva l’allora card. Ratzinger nella nostra società vige quella che egli aveva definito «dittatura del relativismo». Non vi è nulla di certo, di immutabile. Ciò che conta e ha valore è solo quello che piace a me. Se la comunità cristiana non reagisse di fronte al peccato grave pubblicamente commesso da uno dei suoi membri sarebbe come se in qualche modo lo approvasse, o quantomeno lo accettasse. E questo avrebbe gravi conseguenze, perché molti sarebbero indotti a pensare che un certo comportamento, contrario agli insegnamenti del Signore, tutto sommato sia accettabile. Certo, dobbiamo distinguere tra la condanna ferma e decisa dell’errore e il rispetto e l’amore che dobbiamo avere nei confronti della persona che sbaglia. Ma questo non deve diventare una scusa per accettare ogni comportamento. Anzi, quando la Chiesa ammonisce chi sta sbagliando gli usa una grande carità, perché gli permette di ravvedersi e tornare a vivere come piace a Dio. E’ un doveroso atto di amore per la Chiesa correggere chi sta sbagliando, mentre invece fare finta di niente sarebbe invece segno di egoistico disinteresse. Proprio perché fatto nell’interesse del peccatore Gesù ci insegna a farlo nel modo più rispettoso possibile: prima con un colloquio a tu per tu, poi, se la persona non modifica il suo comportamento, chiede di riprovarci alla presenza di qualche testimone. Infine, se la persona rifiuta di correggersi, si deve rendere pubblico il rimprovero. Se neanche quest’ultimo tentativo ha successo la persona deve essere allontanata dalla comunità («sia per te come un pagano e un pubblicano»). È la pena della scomunica, che come vediamo non è un’invenzione dei preti del Medioevo, ma la si trova sulle labbra stesse di Gesù. Questa pena non viene inflitta per un rigore sadico, ma perché la persona possa rendersi conto della gravità del suo comportamento e nel contempo la pena serva da monito per gli altri membri della comunità.Con questo brano il Signore ci fa capire quanto sia importante combattere contro il male, contro il peccato. È una lotta questa che dura tutta la vita, perché il male e il peccato tentano in tutti i modi di allontanarci da Dio. Dio però è fedele, e non lascia nulla di intentato per far sì che noi non ci perdiamo vivendo una vita lontana dal suo amore.