Una manifestazione oceanica in buona parte pacifica. Ma anche saccheggi, chiese incendiate, scontri con Polizia e Carabinieri. Il Cile, e in particolare la capitale Santiago, ha vissuto ieri ore di violenza cieca e terrore, nel primo anniversario dell’inizio delle proteste del 2019, che avevano appunto preso avvio il 18 ottobre, e a una sola settimana dal plebiscito per dare vita a una nuova Costituzione. Come già lo scorso anno, molto grave il bilancio per le chiese della capitale. Dapprima è stato bruciato e saccheggiato di alcune immagini religiose il tempio di San Francisco de Borja (per la seconda volta in un anno), utilizzato regolarmente dai Carabinieri per le proprie cerimonie istituzionali.
Qualche ora dopo le fiamme hanno raggiunto la chiesa dell’Assuzione, una delle più antiche della capitale, essendo stata costruita oltre un secolo e mezzo fa. Molti altri incidenti si sono verificati nella zona di piazza Italia e piazza Baquedano. “Gli eventi delle ultime ore a Santiago e in altre città del Cile dimostrano che non ci sono limiti per chi drammatizza la violenza – scrive la Conferenza episcopale cilena (Cech) in una nota firmata dal presidente, mons. Santiago Silva Retamales –. Abbiamo tristemente assistito agli attacchi, ai saccheggi e agli attentati ai luoghi di preghiera, agli spazi sacri dedicati a Dio e al servizio di solidarietà delle persone. Ci fa male vedere che un tempio che è patrimonio di Santiago viene distrutto e che si celebra la sua distruzione. Esprimiamo la nostra particolare vicinanza alle comunità della parrocchia dell’Assunzione e della chiesa istituzionale dei Carabinieri del Cile”.
“Questi gruppi violenti – prosegue la nota della Cech – contrastano con molti altri che hanno manifestato pacificamente. La stragrande maggioranza del Cile desidera ardentemente giustizia e misure efficaci che aiutino a superare i divari di disuguaglianza; non vuole più corruzione o abuso, si aspetta un trattamento dignitoso, rispettoso ed equo. Crediamo che questa maggioranza non sostenga o giustifichi azioni violente che causano dolore a individui e famiglie, danneggiando comunità che non possono vivere tranquillamente nelle loro case o nel lavoro, spaventate da chi non cerca di costruire nulla, ma piuttosto distrugge tutto”. “Domenica 25 ottobre, i cittadini che vogliono giustizia, onestà, superamento delle disuguaglianze e opportunità per potersi sollevare il Paese, non saranno intimiditi dalle minacce di violenza e si prenderanno cura di adempiere alla loro responsabilità civica. Nelle democrazie – concludono i vescovi – ci esprimiamo con il voto libero in coscienza, non sotto la pressione del terrore e della forza”. (SIR)