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Patriciello“Il calcio non c’entra niente”, scrive don Maurizio Patriciello, il celebre prete difensore delle vittime della Terra dei Fuochi, commentando quanto è successo a Roma dopo la partita Lazio- Sparta Praga. “Gli uomini – per favore non chiamateli ragazzi – di Praga che, a Roma, hanno maltrattato una sorella povera, e poi, vigliaccamente, le hanno urinato addosso, sono solo degli straccioni che hanno smarrito la loro dignità. Dignità che non si è allontanata mai dalla loro vittima. Questi atti di disumano vandalismo sono più inquietanti e disgustosi di quanto si possa credere. Non sono atti di bullismo. Nemmeno possono essere classificati come atti di razzismo. La cruda verità è che questi giovanotti – futuro dell’ umanità! – non sanno più che cosa inventarsi per non morire di noia. La verità, che fa più male di tutte, è che in loro il rispetto per la persona umana va spegnendosi”.

E continua don Maurizio: “L’ umanità, nei corso dei secoli, ha saputo fare a meno di tante cose, ritenute oggi indispensabili. Mai ha saputo fare a meno della solidarietà. Dell’amicizia. Della carità. È una pugnalata al cuore leggere che a Bordighera viene multato chi fa la carità. Per quanto si possa comprendere la necessità di avere una città pulita e decorosa; per quanto si possa essere più o meno d’accordo sulla necessità di regolarizzare il flusso dei migranti, questa norma è un autogol. Questa regola è più pericolosa di quanto l’amministrazione abbia potuto pensare. A farne le spese, oltre ai poveri, sarà l’educazione alla solidarietà e alla legalità. I poveri sono un pugno negli occhi. Stanno a ricordare al mondo l’ingiustizia di cui sono fatti oggetto. Gli uomini – per favore non chiamateli ragazzi – che, abdigando al pudore e alla vergogna, si sono resi colpevoli di tanta ignavia, hanno bisogno di imparare l’ a-b-c della convivenza umana. No, il calcio non c’entra niente. La bestemmia prima di essere sulle labbra è già nel cuore pronta per uscire alla prima occasione. Così come la preghiera. Il male non lo si inventa. Il male lo si accoglie. Piano, piano. Un poco alla volta. Prima nel pensiero, poi nelle omissioni, infine nelle azioni. Il male prende le mosse dall’egoismo. Anche il bene si impara. Piano, piano. Un poco alla volta”.

Madre Teresa di Calcutta, ricorda don Patricello, affermava che «L’aborto è la minaccia più grave per la pace». A prima vista si potrebbe obiettare: “Che c’entra l’aborto con la pace nel mondo?”. E invece non può che essere così. Se, infatti, forte delle leggi che me lo consentono, posso eliminare il mio bambino, senza dargli nemmeno una sepoltura; se dopo l’ intervento posso ritornare a casa e ricominciare a vivere come se niente fosse; se tutto questo considero un mio diritto, perché mai dovrei pretendere che popoli che non si appartengono, non si conoscono, dovrebbero trovare la forza di vivere in pace tra di loro? Il Vangelo – immenso patrimonio di tutta l’ umanità – ha saputo guardare ben lontano. La parabola del ricco epulone ci ricorda che c’è una giustizia divina che si farà carico delle tante ingiuzie umane. Gesù ci ha raccomandato di avere a cuore i poveri. Gesù ha voluto confondersi con i poveri. Nel giorno ultimo saremo giudicati sul bene o sul male fatto ai poveri. I poveri già ci giudicano. I poveri già ci condannano. Tanto pane gettato tra le immodizie lo abbiamo rubato a loro, ai poveri. Non era nostro. Glielo abbiamo rubato per poi sprecarlo. Ne valeva la pena? No, assolutamente. Eppure ancora accade. Pazzi. Questi uomini venuti da Praga queste verità avrebbero dovuto conoscerle. Sono nostra e loro eredità. Una eredità che non deve andare perduta. L’Europa non avanzerà a colpi di leggi, di multe e di divieti. L’Europa avanzerà se saprà rimanere umana. Con i piedi per terra. Senza strafare. Rimanendo libera dai potentati economici e facendo tesoro del suo patrimonio di cultura, di arte, di pensiero, di fede. L’Europa avanzerà se saprà mantenere in vita la pietà. Se si spegne la pietà si spegne l’uomo. E con l’uomo la società. La pietà ha le ali ai piedi. Arriva prima. Questa azione indegna e indecorosa ci fa arrossire. Ci mette in imbarazzo. Chiediamo perdono ai nostri poveri. Se una sola mollica di pane sulla nostra tavola dovesse appartenere a loro, corriamo a restituirgliela. Ma anche per chi si è reso colpevole di tanta infamia vogliamo conservare la pietà. Troppo preziosa è per poterla perdere. Sperando e pregando che possano pentirsi e, a loro volta, chiedere perdono”.

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