COME DEVE COMPORTARSI UN SACERDOTE CATTOLICO DI FRONTE A PALESEMENTE INGIUSTI DECRETI EPISCOPALI?
Ricordo che NON SIAMO TENUTI AD OBBEDIRE A NORME CHE NON SONO SECONDO RAGIONE.
L’autorità legittima NON È MAI ASSOLUTA.
S. Tommaso: “le leggi o sono giuste o non sono leggi”.
La legge è un ordinamento secondo ragione sufficientemente promulgato da chi ha autorità, ed è tale SOLO quando partecipa della LEGGE ETERNA, ovvero della RAGIONE DIVINA IN QUANTO È DIRETTIVA DI OGNI ATTO E MOTO.
La legge naturale è tale perché è la partecipazione della legge eterna nella natura razionale umana.
Quindi l’applicazione dei versetti paolini per cui bisogna obbedire all’autorità solo perché promulga non è corretta.
Altra cosa sono i voti religiosi, per cui si può contravvenire solo in caso sia ordinato un peccato, un conto sono certi delirî ecclesiastici.
Se qualcuno mi opponesse che si rischia così di cadere nell’arbitrio (col peccato originale siamo facili a chiamare retta ragione il proprio mulino) rispondo:
1) l’abuso non toglie il principio
2) ci sono due virtù, la GNOME e l’EPIKEIA, rispettivamente parti potestative della prudenza e della giustizia, che regolano il cogliere il senso profondo di ogni legge, e il regolarsi secondo giustizia oltre la lettera, visto che nessuna formulazione umana della legge può cogliere tutti i casi particolari (assoluti morali esclusi)
Es di GNOME:
“Avete inteso che fu detto, ma io vi dico…”
Gesù non contraddice o cambia il VT, ma ne rivela il cuore.
Es di EPIKEIA:
Le guarigioni in giorno di sabato
Il fatto che ci sia un decreto ingiusto lecitamente contravvenibile, non implica ipso facto che SI DEBBA contravvenire.
Il giudizio ultimo pratico pratico deve sottostare a tutte le parti della prudenza, valutando tutte le circostanze (scandalo, situazione peggiore in caso di contravvenzione, quando il gioco non vale la candela etc.)
Il criterio ultimo rimane la carità, tale quando oggettivamente impera la prudenza e la giustizia, attraverso il principio SALUS ANIMARUM (ET NON BIOMAE) SUPREMA LEX.
A SCANSO DI EQUIVOCI, NON MI RIFERISCO ALLE DISPOSIZIONI DELLA MIA DIOCESI (non per chissà quale timore reverenziale nei confronti del mio Vescovo, dal cui ho preso le distanze pubblicamente in diverse occasioni, in materia lecita, e dicendoglielo personalmente), in questa occasione emanate con elasticità e buon senso; ma ad altri decreti di altre diocesi improvvidamente più tassativi e rispolverando in un caso il plurale majestatis.
Don Alfredo M. Morselli
Fonte: Facebook