Con stile gradevole ed ottimo italiano (di questi tempi non è poco), il vescovo di Ugento e Santa Maria di Leuca, il santeramano (barese di adozione) monsignor Vito Angiuli, tratteggia la figura di don Tonino Bello. Il testo, intrigante e molto centrato, si chiama “Don Tonino Bello visto da vicino”, edito dalla San Paolo. Nel volume, si tratteggia la figura del vescovo salentino, titolare della Diocesi di Molfetta. Monsignor Anguli è qualificato biografo ( nella sua produzione vi sono altre pubblicazioni su don Tonino) in quanto ha avuto l’ opportunità di viverci affianco nel Seminario di Molfetta per ben undici anni. Del libro parliamo, appunto, con Monsignor Angiuli.
Eccellenza, in una frase lei dice, riferendosi a don Tonino, che era ” un vulcano di amore”. Per quale motivo?
“Tutta la vita di don Tonino Bello è stata spesa senza sosta seguendo la doppia dimensione della vita evangelica: verso Dio, verticale, verso i fratelli orizzontale. Del resto, chi ama Dio non può e non deve ignorare le necessità del prossimo. Le due direzioni, verticale e orizzontale, non sono affatto antitetiche, ma si coordinano se realmente vogliamo vivere il Vangelo”.
Don Tonino, dunque, ha vissuto in pieno il comandamento dell’amore…
“Non ha fatto sconti a sè stesso e al Vangelo. Il Vangelo non è una favoletta o un bel racconto, ma ci invita alla radicalità, alla rinuncia, a prendere la croce di ogni giorno. Tuttavia, come alcune volte accade, vedere in don Tonino solo un assistente sociale o un sindacalista, è sbagliato. Lui aveva una profonda spiritualità e definirlo mistico non è per niente sbagliato. Se si leggono soprattutto, i suoi scritti su Maria”.
Lei scrive di avere un debito di riconoscenza con lui. Ci spiega la ragione?
“Mi ha insegnato tanto. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e starci fianco a fianco per ben undici anni al Seminario di Molfetta condividendo gioie e sofferenze come in ogni comunità accade. Ho anche avuto l’ opportunità a quel tempo di leggere i suoi scritti pubblicati sul giornale della facoltà prima che venissero raccolti. Mi ha insegnato tanto. Soprattutto, la fedeltà al Vangelo che, lo ribadisco, ci chiede coerenza e serietà”.
Bruno Volpe