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di Don Antonio Nuara

È l’interrogativo che oggi, Domenica XIV del Tempo Ordinario, ci siamo posti, dopo aver proclamato la Parola di Dio. Nel Libro del Profeta Ezechiele (capitolo
2, versetti 2-5) abbiamo ascoltato: “Sono una genìa di ribelli, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro”. Mentre nel Vangelo di Marco (capitolo 6, versetti 1-6), abbiamo letto: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria”. Gesù viene rifiutato dai suoi compaesani: lo riconoscono come uomo, figlio di Maria e di Giuseppe e con i tanti parenti che conoscevano. Luca nel Vangelo specifica il momento: Gesù aveva letto il brano di Isaia che parlava del Messia e dopo la lettura, l’affermazione di Gesù: “oggi questa parola si realizza in me”. Cioè: “io sono il Messia”. Non gli credono. Anzi tentano di gettarlo giù nel dirupo vicino al paese. Oggi la nostra Società rifiuta Dio. La quasi totalità dei giovani si dichiarano “atei”. Non si identificano nella Chiesa che noi siamo, anche se questa si affanna a rincorrerli, scontando al massimo il Vangelo. Una Chiesa che rinuncia alla sua “profezia” e quindi alla “sua” identità. Mancano i Profeti e mancano i testimoni. Sempre più appare evidente che laddove la Chiesa fa sconti sul Vangelo e sull’esigenza della conversione, non aumentano i credenti, ma si fa il deserto. Al contrario, laddove il Vangelo diventa “scelta di vita”, le chiese si affollano,
e le vocazioni sono in crescita esponenziale.

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