Un vescovo che «ha servito con gioia e sapienza il Vangelo e ha amato tenacemente la Chiesa». È stato questo il commento, espresso in un telegramma di cordoglio, di papa Francesco sul cardinale emerito di Bologna, Giacomo Biffi, 87 anni, spentosi nella notte tra il 10 e l’11 luglio, attorno alle 3, nella casa di cura Toniolo, dove era ricoverato da lungo tempo per una severa forma di cardiopatia dilatativa ed arteriopatia polidistrettuale. Un mese fa, informato della sua malattia, il Papa, gli aveva inviato un augurio assicurandogli «la mia preghiera perché Ella possa fiduciosamente aderire alla volontà del Signore e offrire i suoi patimenti per il bene della Chiesa».
Dal 1984 al 2003 Biffi fu responsabile dell’arcidiocesi di Bologna come «guida sollecita e saggia», scrive Papa Francesco, che ne ricorda «l’instancabile servizio» alla «formazione umana e cristiana di intere generazioni», attraverso «l’insegnamento e la pubblicazione di diverse opere», e in particolare il «linguaggio diretto e attuale» col quale il cardinale Biffi si poneva «al servizio della parola di Dio».
Il funerale si svolgerà martedì 14 luglio, alle 10.30, nella Cattedrale di San Pietro. La messa sarà presieduta dall’attuale arcivescovo, il cardinale Carlo Caffarra. La salma è visitabile dai fedeli presso il Palazzo arcivescovile fino a lunedì 13 luglio quando, alle 19, sarà accompagnata in Cattedrale, per la celebrazione del Vespro. Alle 21 poi ci sarà una veglia di preghiera e l’indomani, prima del funerale, alle ore 8.30 sarà celebrato l’Ufficio dei defunti. La sepoltura avverrà nella cripta della Cattedrale, in forma privata.
Milanese, nato il 13 giugno 1928, cresciuto in via Paolo Fusi in una famiglia popolare, studiò in seminario durante la guerra e fu ordinato prete il 23 dicembre 1950, dal cardinal Ildefonso Schuster. Parroco a Legnano nella parrocchia dei SS. Martiri Anauniani, una popolosa comunità di lavoratori, nove anni dopo è stato trasferito a Milano, nella parrocchia di S. Andrea, che ha retto per sei anni, durante i quali ha costituito il primo Consiglio Pastorale Parrocchiale. È stato canonico teologo del Capitolo metropolitano di Milano e vicario episcopale per la Cultura. Il 7 dicembre 1975 è stato nominato ausiliare del cardinale arcivescovo di Milano e ha ricevuto la consacrazione episcopale l’11 gennaio 1976. Ha fondato e diretto l’Istituto Lombardo di Pastorale, poi il 19 aprile 1984 è stato nominato alla sede arcivescovile di Bologna, succedendo all’arcivescovo Enrico Manfredini, restandone a capo fino al 16 dicembre 2003. Giovanni Paolo II lo ha creato e pubblicato cardinale nel Concistoro del 25 maggio 1985, del titolo dei Ss. Giovanni Evangelista e Petronio. In occasione della Quaresima del 1989, è stato chiamato a predicare gli Esercizi spirituali al Papa San Giovanni Paolo II e alla Curia Romana. Analogo servizio svolse durante la Quaresima del 2007, su invito di Benedetto XVI. Con la sua morte il Collegio Cardinalizio risulta adesso costituito da 221 cardinali, di cui 120 elettori e 101 non elettori.
Chi lo ha conosciuto ha testimoniato che Biffi era uomo, prete e vescovo autentico, che non si nascondeva dietro la patina della convenienza o le ombre della presunta correttezza ecclesiastica. Aveva definito la città di Bologna “sazia e disperata” e avuto un rapporto complesso con Giuseppe Dossetti (al quale attribuiva un peccato originale, di essere «teologicamente autodidatta»). Per convincerlo ad “emigrare” nel capoluogo emiliano Giovanni Paolo II dovette invitarlo a cena nel palazzo apostolico.
Di posizioni non certo progressiste, non risparmiò battute sia su Berlusconi (nel 1994 disse che «I milanesi non ci sanno fare con la politica, brutto segno se smettono di fare gli imprenditori»), sia su Prodi (nel 1998 ironicamente commentò: «dopo l’Ulivo mi porta via anche l’asinello, di questo passo non mi resta più niente»). Teologo pungente e ironico, uomo di Chiesa che preferiva posizioni nette, la certezza della fede a sfumature e compromessi, con orgoglio si definì un “italiano cardinale”, premettendo la parola italiano, perché, diceva, «l’identità nazionale ha preceduto di molti anni l’ingresso nel Sacro Collegio».
A Biffi è legato un episodio del conclave 2005, che elesse pontefice Joseph Ratzinger, raccontato dal giornalista Francesco Grana. «A ogni votazione ricevo sempre un solo voto. Se scopro chi è che si ostina a votarmi giuro che lo prendo a schiaffi» si sfogò l’arcivescovo emerito di Bologna con un altro cardinale. «Cosa, Eminenza?», gli domanda perplesso l’altro porporato. «Sì, ha capito bene, Eminenza – replica Biffi – Giuro che lo prendo a schiaffi». L’altro, interdetto, dice: «Eminenza, ormai è chiaro chi stiamo eleggendo come nuovo Papa ed è anche abbastanza evidente che questo candidato abbia scelto di votare per lei. Quindi se vorrà ancora mantenere il suo proposito sarà costretto a prendere a schiaffi il Papa». Il futuro Benedetto XVI aveva deciso di votare per lui.
Sono imponenti le memorie di Biffi e innumerevoli i suoi scritti, di teologia, catechesi e meditazione. Nel 1969, quando era ancora parroco, scrisse un pamphlet ironico dal titolo Quinto Evangelo in cui finge la scoperta di un nuovo vangelo che “corregge” i vangeli. Da allora ha scritto decine di libri, molti diventati veramente noti. Basti citare Io credo. Esposizione della fede cattolica del 1980, La Bella, la bestia e il cavaliere del 1984, Risorgimento, stato laico e identità nazionale, del 1999, Sull’immigrazione, del 2000 (è celebre ciò che disse profeticamente il 30 settembre 2000, quando dichiarò che i governi europei avrebbero dovuto «privilegiare l’ingresso degli immigrati cattolici» mentre quelli islamici «nella stragrande maggioranza vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra umanità, individuale e associata»).
Nel 2000 riportò, in una conferenza a Bologna, alcune idee di Solov’ëv sull’Anticristo, il quale sarebbe un prominente filantropo che promuove le idee dell’ecumenismo, del vegetarianesimo e del pacifismo. Queste idee di Solov’ëv furono riproposte durante gli Esercizi Spirituali quaresimali alla Curia romana e a Papa Benedetto XVI del 15 marzo 2007 (da leggere, in proposito, Pinocchio, Peppone, l’anticristo e altre divagazioni, del 2005 e Memorie e digressioni di un italiano cardinale, del 2007).
Nei suoi scritti ha, inoltre, affrontato alcune questioni importanti della vita della Chiesa (così abbiamo Linee di escatologia cristiana, del 1984, Approccio al Cristocentrismo. Note storiche per un tema eterno, del 1993 e Meditazioni sulla vita ecclesiale, pubblicato nel 1972 e riproposto nel 1993, Christus hodie, del 1995, Casta meretrix e Liberti di Cristo. Saggio di antropologia cristocentrica, del 1996, Tre riflessioni sullo Spirito Santo e Piena di Grazia del 1997, Pietro, mistero di forza e debolezza e La sposa chiacchierata. Invito all’ecclesiocentrismo del 1998, Gesù di Nazaret, centro del cosmo e della storia e La Chiesa e il mistero della salvezza, del 2000 fino ad arrivare ai tre corsi inusuali di catechesi e ai suoi ultimi testi, Pecore e pastori. Riflessioni sul gregge di Cristo, del 2008. Lo spirito della verità. Riflessioni sull’evento pentecostale del 2009 e L’eredità di Santa Clelia, del 2010).
Fedele al suo motto episcopale (“Ubi fides, ibi libertas”), questo grande cardinali del XI secolo, pastore dalla voce forte e dalle idee chiare (disse di sé: «Perdonate la mia schiettezza, ma parlar chiaro è un dovere del vescovo. Lo dice Sant’Ambrogio, un mio concittadino»), fu impegnato su diversi campi di battaglia: la civiltà dei consumi e il comunismo (in una delle sue capitali italiane, Bologna), l’immigrazione e l’Islam, la storia e la dottrina. Non lesinò rimproveri a un certo tipo di donna, «squallida Eva moderna», alle separazioni e ai divorzi, al «salutismo ansioso» e al «disperato estetismo». Bollando il Risorgimento, fatto in contrasto con «l’animo e la cultura degli italiani» e la Rivoluzione francese, una «vera strage di Stato», richiamò più volte sui pericoli continui della denatalità italiana e sui problemi dell’immigrazione indiscriminata. Si è speso contro una certa religiosità confusa e ambigua dei nostri anni, senza tuttavia dire mai male della Chiesa perché, osservava, «la condiscendenza con cui la Chiesa dischiude la sua porta a tutti, come fanno le donne di costumi troppo facili, non solo non comporta in lei niente di riprovevole, ma indica addirittura fedeltà alla propria missione». Formulò riflessioni che sono rimaste celebri e hanno riscontrato un certo apprezzamento (in alcuni) o una contrapposizione (in altri).
Matteo Orlando
Con tutto il rispetto, ma la vogliamo piantare con quest solfa dei Santi Subito ? Ne stiamo vedendo fin troppi, di santi modaioli, mentre si tengono al palo cause fondate e insigni, in obbedienza a ignobili veti di nemici della Chiesa.
E quali sarebbero questi santi mondaioli? Fai pure i nomi perchè a me non risulta che un mondaiolo riceva santificazioni dal mondo!
Il Card. Biffi non lo era di certo.