di Mariella Lentini*
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Giovanni Liccio nasce nel 1426 nel rione più povero di Caccamo (Palermo). Fin dal grembo della mamma mostra di essere gradito a Dio tantoché, durante la gravidanza, la casa dall’esterno appare tutta illuminata. La madre Teresa Faso muore poco dopo la sua nascita. Il padre Giorgio, povero contadino, affida il piccolo a una zia che, a causa della miseria, lo alleva con succo di melagrane. Giovanni sarebbe morto di denutrizione se una mamma vicina di casa, Tommasa Garifo, impietosita, non lo avesse allattato. Ed ecco il primo miracolo: quando il neonato tocca il marito della balia, gravemente malato, avviene una completa guarigione.
Giovanni rimane orfano anche del padre e la zia lo prende con sé. Un giorno la zia vede il piccolo circondato da una luce splendente mentre gioca con due angioletti. La donna, con gioia, capisce che il nipotino è un bambino speciale. Giovanni è ubbidiente, buono, affettuoso. Aiuta la zia nei campi, va a scuola, studia e svolge i compiti. Però non gioca con i suoi coetanei, preferisce la solitudine, pregare e andare in chiesa. A quindici anni lascia Caccamo per recarsi a Palermo. La sua meta è il Convento domenicano di Santa Zita per farsi frate. Viene accolto e per le sue grandi doti intellettive, Giovanni diventa docente di teologia. Il giovane, però, ha un altro grande talento: predica con parole che infiammano i cuori: i cattivi si pentono e cambiano condotta, gli indifferenti decidono di praticare la carità, chi non crede in Dio ritrova la fede. Diventa il “predicatore della Sicilia”.
Devotissimo alla Madonna e divulgatore del Rosario, Giovanni visita ogni villaggio, sempre a piedi, in compagnia di un confratello. Ovunque viene acclamato, ovunque vada cessano i furti, le bestemmie, le calunnie. Giovanni non diventa superbo, non si inorgoglisce. Al contrario, è umilissimo, non ha stima di sé, neanche quando compie tanti miracoli. Chiede l’elemosina, eppure, se volesse, potrebbe diventare ricco con le laute offerte che egli rifiuta. È anziano quando gli appare la Madonna che lo indirizza verso Caccamo perché ha una missione da compiere: costruire una chiesa e un convento, con l’aiuto del Cielo. Giovanni, fiducioso, si incammina verso il suo paese natale dove non aveva più fatto ritorno. Non sa dove costruire chiesa e convento, né come farà ad acquistare il terreno. Un angelo gli dice di stare tranquillo perché è già pronto il terreno con le fondamenta. Alcuni contadini, infatti, si accorgono che in mezzo a un bosco sorgono delle fondamenta che nessuno aveva mai visto prima. Il primo magistrato della città rimane così stupito da decidere di regalare, con atto pubblico, quel pezzo di terra a Giovanni. I lavori iniziano grazie alle offerte dei ricchi del paese e alla manodopera gratuita dei suoi concittadini.
Tanti i miracoli compiuti da Giovanni durante la costruzione: se manca il materiale prodigiosamente ne arriva dell’altro; fa sgorgare l’acqua; guarisce operai feriti; un campo di grano danneggiato torna rigoglioso. Un giorno, mentre il frate domenicano gira per le strade di Caccamo per offrire il suo aiuto ai sofferenti, sente provenire da un tugurio il pianto lacerante di alcuni bambini. Entra e vede una scena straziante: una povera vedova disperata con otto bambini che urlano per la fame. Giovanni le offre i pochi soldi che ha in tasca e le dice di avere fiducia in Dio e di recarsi in convento. La donna si presenta al convento e Giovanni le regala una pagnotta. La vedova è delusa perché quel pane le basterà appena per la sera. Il frate le dice di non svelare nulla a nessuno e di ringraziare il Signore per quel pane. La mamma sfama i piccoli e ripone un pezzettino di pane per l’indomani. Quale meraviglia quando si accorge che la pagnotta è diventata di nuovo integra. E così avviene per otto anni fino a quando la vedova non svela il segreto ai suoi vicini di casa che, con insistenza, le chiedono come riesca a sfamare i suoi figli.
Ancora un miracolo: alcuni uomini zappano gratuitamente la vigna nell’Orto degli Angeli, vicino al convento. Padre Giovanni, riconoscente, offre loro il poco che ha: un pezzo di pane e un po’ di vino. Gli uomini accettano quel cibo anche se non può bastare per tutti. Invece quando si mettono a desinare, il pane e il vino si moltiplicano, e tutti mangiano a sazietà. Giovanni vive a lungo, 85 anni, nonostante mangi pochissimo e dorma sulla nuda terra. Muore a Caccamo nel 1511. Il suo corpo riposa nella Chiesa Santa Maria degli Angeli da lui fondata. Ogni anno, a maggio e a novembre, Caccamo festeggia il suo santo patrono con momenti religiosi, di spettacolo e una suggestiva processione. Lo si invoca contro il mal di testa.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”