di Mariella Lentini*
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Il “san Francesco polacco del XX secolo” viene proclamato santo il 12 novembre 1989 dal suo conterraneo san Giovanni Paolo II, papa Karol Wojtyla. Fratel Alberto, affermato pittore, dalle origini nobili, rinuncia al successo, alla ricchezza e al mondo aristocratico per vivere povero assieme ai poveri: si dimentica di se stesso per ricordarsi solo degli altri. Adamo Chmielowski nasce nel 1845 a Igolomia (Polonia). Perde il padre quando ha solo otto anni. La madre, donna religiosa, educa il figlio, primo di quattro fratelli, ai valori cristiani. Adamo è un bimbo generoso che aiuta i bisognosi. Diventato orfano anche di madre, assieme ai fratelli viene accolto amorevolmente dalla zia paterna. Studente diciottenne, con entusiasmo patriottico, partecipa alle insurrezioni contro il dominio dello Zar sulla Polonia.
Ferito in battaglia, subisce l’amputazione di una gamba. Si rifugia a Parigi dove scopre di avere talento per la pittura. Frequenta l’Accademia di Belle Arti nella capitale francese e a Monaco di Baviera. Artista destinato al successo, Adamo torna in Polonia, ma per il giovane pittore subentra un periodo di crisi. Triste e confuso viene ricoverato in un ospedale psichiatrico. Sente che la propria arte deve essere messa al servizio di Dio per aiutare i più poveri, sul volto dei quali il pittore vede quello sofferente di Gesù. È proprio questo il soggetto del quadro più famoso di Chmielowski: l’Ecce Homo, il Cristo flagellato. Adamo comincia a dipingere solo soggetti religiosi il cui ricavato va ai poveri. Superata la crisi, diventa terziario francescano, ovvero fratel Alberto.
Indossa un saio e, come san Francesco, si spoglia di ogni avere: per conquistare la fiducia dei poveri deve diventare come loro. Senza una gamba e con l’ausilio di una protesi, Adamo prega e confida nella “Divina Provvidenza”. Apre ricoveri per senza tetto, malati e mutilati, orfanotrofi, ospizi, mense per distribuire cibo e vestiario. Ai disoccupati offre lavoro artigianale. Consola e fa riavvicinare a Dio i delusi e i disperati. Fonda i “Fratelli e le Sorelle del Terz’Ordine di San Francesco per il servizio dei poveri” che oggi prestano la loro opera in Polonia, Italia, Stati Uniti e America Latina. Ancora oggi, vicino a noi, c’è chi soffre per mancanza di cibo, casa, lavoro. E per solitudine. L’insegnamento lasciato da fratel Alberto, morto a Cracovia nel 1916, è che «bisogna essere buoni come il pane… che ognuno può prendere per soddisfare la propria fame».
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”