di Mariella Lentini*
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Umiltà è la parola che riassume la vita della beata laziale ricordata oggi. Nata a Veroli (Frosinone) nel 1827, terza di nove figli, i suoi genitori, Luigi Viti e Anna Bono, la chiamano Anna Felice. Il padre è un commerciante e possidente terriero e alla numerosa famiglia non fa mancare il necessario. Tuttavia, come era usanza a quei tempi per le fanciulle, Anna Felice non frequenta la scuola e rimane analfabeta. Purtroppo la mamma di Anna Felice, donna buona e molto religiosa, all’età di trentasei anni, muore. Anna Felice ha quattordici anni. Non ha tempo di piangere. Deve occuparsi dei suoi fratellini e del papà rimasto solo. Cucina, lava i piatti, pulisce la casa, riordina le stanze e i letti, fa il bucato. Il suo unico conforto è la preghiera. Ben presto il padre inizia a condurre una vita disordinata. Affoga i suoi dispiaceri nel vino e nel gioco. Rientra a casa sempre arrabbiato. Arriva la miseria. Anna Felice non si vergogna di andare a fare la domestica in una ricca famiglia, pur di guadagnare il denaro necessario a sfamare i suoi fratellini. Non odia il padre, anzi, lo rispetta, e lo fa rispettare anche dai fratelli. Quando arriva a casa ubriaco lo aiuta a coricarsi e gli dimostra ancora più affetto. È con l’amore che cerca di rendere la vita famigliare più tollerabile. In seguito Anna Felice rifiuta la proposta di matrimonio di un uomo facoltoso perché ha in mente altre scelte: matura in lei l’aspirazione di dedicarsi al Signore. Così, all’età di ventiquattro anni, decide di entrare nel Monastero di Santa Maria de’ Franconi, a Veroli, presso le monache benedettine di clausura. D’ora in avanti verrà chiamata suor Maria Fortunata.
Essendo illetterata, il suo compito sarà per tutta la sua lunga vita quello di filare, cucire, rammendare e pregare, seguendo la Regola benedettina ora et labora, “prega e lavora”. Si alza tutte le mattine prima dell’alba e inizia il suo umile lavoro, svolto con precisione e impegno. Sempre ubbidiente, modesta, mite, sorridente, silenziosa, disponibile ad aiutare le consorelle, soprattutto se malate, suor Maria Fortunata muore nel 1922, all’età di 95 anni, nel Convento di Veroli. Viene sepolta in una fossa comune, ma dopo la sua morte vengono raccolte tante testimonianze di miracoli avvenuti grazie alle preghiere a lei rivolte, per cui oggi il suo corpo riposa a Veroli, nella chiesa accanto al monastero dove ha vissuto. Questa umile suora, che per tutta la vita è rimasta nascosta, nel 1967 viene proclamata beata da San Paolo VI, papa Giovanni Battista Montini.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”