di Mariella Lentini*
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Ecco l’esempio da seguire per quanti ricoprano un ruolo di guida nella società. Elisabetta, nata nel 1207 a Bratislava (Ungheria), è una principessa, figlia del re d’Ungheria Andrea II. Promessa sposa all’età di quattro anni a Ludovico che di anni ne ha undici, erede al trono della Turingia (Germania), Elisabetta cresce alla corte reale del futuro suocero. È bella, affascinante, buona. Ludovico ed Elisabetta si innamorano, teneramente. A quattordici anni Elisabetta si sposa con Ludovico, diventato re, e a quindici anni ha il primo figlio, Ermanno. A diciassette anni arriva la seconda bambina, Sofia.
La coppia vive felice nel castello di Wartburg. La principessa è sposa e madre, ma ha pure tanta fede. Spesso prega, pure di notte. È semplice, non ama il lusso. Dai servi si fa dare del tu e, non ostacolata dal marito, dal cuore buono come la consorte, aiuta i poveri che bussano alla porta del castello donando cibo oppure, se sani e in grado di rendersi utili, offrendo un lavoro. Elisabetta con le sue ancelle si reca di persona nei tuguri dei poveri a portare farina, carne e vestiti. Avvengono anche alcuni miracoli.
Un giorno, durante l’assenza del marito, Elisabetta accoglie nel proprio letto un lebbroso. Ludovico viene avvisato e tornato al castello, infuriato, quando alza le coperte del suo letto, invece del lebbroso vede Gesù sofferente. Un’altra volta chiede alla moglie cosa portasse nel grembiule. È pane per i poveri che, però, improvvisamente si trasforma in rose. Ludovico parte per partecipare alla sesta crociata. Elisabetta ha vent’anni e aspetta il terzo figlio. Purtroppo, durante il viaggio, il re muore di peste in Puglia, prima di arrivare in Terra Santa. Elisabetta rimane vedova e avuta la terza bambina, Gertrude, inizia ad elargire aiuti alla popolazione affamata, colpita da una grave carestia. Cacciata dal castello dai cognati, bramosi di ricchezza e di potere, la giovane si rifugia da una zia suora e poi con le ricchezze rimaste fa costruire un ospedale a Marburgo (Germania), dove va a vivere.
Fattasi povera tra i poveri, come San Francesco d’Assisi, suo contemporaneo e da cui rimane affascinata, Elisabetta trascorre le sue giornate accudendo i malati. Cuce vestiti per loro e chiede l’elemosina per procurare il cibo. Quando non ha nulla da dare da mangiare va a pescare. Elisabetta subisce tante critiche per il suo stile di vita, eppure quattro anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1231 a Marburgo, viene proclamata santa. È patrona di panettieri, panificatori, fornai, infermieri, mendicanti, Associazioni di Carità Cattoliche e dell’Ordine Francescano Secolare (OFS) al quale la santa si era iscritta.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”